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Saturday, February 4, 2012

John Banville, La Notte di Keplero




"Com'era innocente, com'era inutilmente amabile la superficie del mondo! Il mistero delle cose semplici lo assali'. Una festiva rondine sfreccio' attraverso una scompigliante folata di fumo di lavanda. Avrebbe piovuto di nuovo. gli giunse il suono di una corda pizzicata. Sorrise, in ascolto: era forse la musica delle sfere?" (p. 71)






"Cosa aveva guidato suo padre? Quali voglie impossibili si erano agitate e avevan dato calci dentro di lui? E che cosa? Il pestare di piedi durante le marce? il puzzo penetrante della paura e dell'attesa sul campo di battaglia, all'alba? il calore bruto e il delirio di qualche locanda lungo la strada? Era possibile amare la mera azione, il brivido di un fare incessante? Dinanzi ai suoi occhi tristemente meditativi ricomparve la finestra. Questo era il mondo: quel giardino, i suoi figli, quei papaveri. Sono una piccola creatura, il mio orizzonte e' ristretto. Allora, come una improvvisa inondazione di gelida acqua, venne il pensiero della morte, essa stringeva in pugno un mondo di spada arrugginita." (p. 108)






"Il cerchio e' il portatore delle armonie pure, le pure armonie sono innate nell'anima, e cosi' anima e cerchio sono una cosa sola. Che semplicita', che bellezza." (p. 192) "La ragione per cui certi rapporti producono un accordo ed altri una dissonanza non e' comunque da ricercarsi nella aritmetica, bensi' nella geometria ..." (p. 193)

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