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Saturday, December 27, 2014

Terre del finimondoTerre del finimondo by Jorge Amado
My rating: 4 of 5 stars

Il vento soffio’ con rinnovato impeto, recando al crepuscolo di Bahia qualche frammento delle conversazioni di bordo, le parole pronunziate a voce piu’ alta: terre, danaro, cacao e morte. (14)

I gufi lanciavano il loro grido alla luna nelle notti tranquille, quel grido che non era ancora presagio di sventura poiche’ gli uomini non erano giunti ancora fin la’. (49)

Prese Virgilio sottobraccio, lo condusse sulla veranda. L’alba che si avvicinava avvolgeva la Terra in una luce ancora opaca e triste. Horacio punto’ l’indice lontano, verso un orizzonte che a malapena s’intravvedeva. (149)

La selva, capitolo 11. (149-159)
(Virginia Woolf?)

Margot tese la mano, additando il tratto di strada visibile dalla finestra aperta; e avrebbe voluto indicare l’intero villaggio di Tabocas:
“Questo e’ l’ultimo paese del mondo” disse. (199)

“Juca Badaro’ ha gia’ contrattato un agrimensore per fare la misurazione delle foreste del Torrente Grande… “
“Ma no! Chi te lo ha detto? ”
Tonico fece un gesto pieno di mistero.
“L’uccellin bel verde, dottore” rispose. “Che cosa non si sa a Tabocas? Quando non c’e’ di che parlare, qui, si inventa… “ (210)

L’albero che dominava Ilheus era quello del cacao, anche se non se ne vedeva uno solo in tutta la citta’. L’albero del cacao bisognava cercarlo dietro tutta l’esistenza di San Giorgio dos Ilheus, dietro ogni affare che vi si concludeva, dietro ogni casa che vi si costruiva, dietro ogni magazzino, ogni negozio, ogni pena d’amore, ogni colpo di fucile o di rivoltella. Non c’era conversazione il cui nocciolo non fosse il cacao. E sulla citta’ aleggiava, esalato dai magazzini di deposito, dai vagoni ferroviari, dalle stive delle navi, carri e dalla gente, l’odore di cioccolata, che e’ l’odore del cacao secco. (271-2)

Il vischio del cacao era attaccato alle piante dei loro piedi ed essi ritornavano a sotterrare il loro denaro in un tratto di terra per piantarvi alberi di cacao… Alcuni riuscivano a partire, s’imbarcavano, fendevano le onde del mare e dovunque giungessero non parlavano che delle terre di Ilheus. E - certo come che egli si chiamava Sinho Badaro’, - trascorsi sei mesi o un anno, sarebbero ritornati, senza un soldo, per ricominciare a piantar cacao. Si diceva che cio’ fosse dovuto al vischio del cacao molle, che, quando si attacca ai piedi di qualcuno, non si stacca piu’. Questo dicevano le canzoni nelle serate alle fazendas… (310)
Ma tutti, lavoratori, jaguncos, colonnelli, avvocati, medici, commercianti ed esportatori, avevano il vischio del cacao attaccato all’anima, nel profondo del cuore… Non c’era educazione, cultura o sentimento che potesse toglierlo. Il cacao era denaro e potere, era l’intera vita, aveva messo radici, non solo nella terra scura dalla potente linfa, ma anche dentro di loro. (342)

Virgilio ringrazia:
“Lei e’ una brava persona. Maneca Dantas… E’ strano come voialtri qui possiate commettere tante scelleraggini e cio’ nonostante essere brave persone… “ (408)

“Nelle piantagioni di cacao di queste terre, figlio mio” disse, “ci nasce perfino dei vescovi. Ci nasce la ferrovia, gli assassini, i “garbugli”, i villini, i ritrovi notturni, le scuole, il teatro e ci nasce perfino dei vescovi… Finche’ seguitera’ a produrre cacao, questa terra produrra’ di tutto… “ (413)



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Thursday, December 25, 2014

Il pellegrinaggio in OrienteIl pellegrinaggio in Oriente by Hermann Hesse
My rating: 4 of 5 stars

… mentre in certe tappe del nostro pellegrinaggio, rinunciando a tutte le banali risorse del moderno turismo, a ferrovie e piroscafi, telegrafo e automobili, aeroplani e cosi’ via, noi penetrammo veramente in una zona eroica e magica. Allora infatti era finita da poco la guerra mondiale, e soprattutto al pensiero dei popoli vinti si era affacciato uno stato eccezionale di irrealta’, di disposizione al surreale, anche se in pochissimi casi si varco’ effettivamente qualche barriera e si intrapresero puntate nel regno di una futura psicocrazia. (10-1)

Io sto con Siddharta, il nostro saggio amico d’Oriente, che una volta disse: “Le parole non fanno bene al senso segreto, ogni cosa diventa subito un po’ diversa, un po’ falsata, un po’ strampalata anzi, e pur questo e’ bene, anche con questo sono d’accordo, cio’ che per un uomo e’ tesoro e saggezza, per l’altro ha sempre un tono di stoletzza”. (11)

Quando poi in qualche valle ritrovavo il nostro gruppo, e ascoltavo i nostri canti e mi accampavo dirimpetto alla tenda delle Guide, allora mi rendevo facilmente conto che il mio ritorno all’infanzia o la mia cavalcata con Sancio erano parte integrante del mio viaggio; la nostra meta infatti non era soltanto il paese di levante, o meglio il nostro Oriente non era soltanto un paese e un’entita’ geografica, ma era la patria e la giovinezza dell’anima, era il Dappertutto e l’In-Nessun-Luogo, era l’unificazione di tutti i tempi. (25)

Chi di noi avrebbe mai immaginato che il cerchio magico si sarebbe spezzato cosi’ presto che quasi tutti noi - e anch’io, anch’io! - ci saremmo smarriti negli afoni deserti della realta’ in carta bollata, come impiegati e commessi, dopo un banchetto o dopo una gita domenicale, si riassoggettano prosaicamente alle occupazioni quotidiane! (28)

Si era detto che i personaggi di opere poetiche sono di solito piu’ vivi e reali dei loro poeti. (84)


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Monday, December 15, 2014

I viali di circonvallazioneI viali di circonvallazione by Patrick Modiano
My rating: 3 of 5 stars

Pochi metri piu' in la', di nuovo la penombra. Le case che distinguevo mi sembravano abbandonate. Il fruscio del vento tra le foglie. Forse aveva addirittura dimenticato, in quei dieci anni, la mia esistenza. Quante preoccupazioni e quanti sotterfugi per camminare accanto a quell'uomo... (51)

E ora che siamo seduti uno di fronte all'altro come due cani di terracotta e che posso a mio agio osservare la tua grossa testa levantina HO PAURA. (93)

... i figli uccidevano i padri per dimostrare a se stessi di possedere dei muscoli. Ma, al giorno d'oggi, contro chi rivolgere i nostri colpi? Eccoci condannati, da orfani quali siamo, a inseguire un fantasma alla ricerca di una paternita'. Impossibile raggiungerlo. Se la squaglia sempre.

Probabilmente i libri successivi sono migliori...

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Sunday, December 14, 2014

La vendettaLa vendetta by Ágota Kristóf
My rating: 4 of 5 stars

Personaggi senza identita’, senza nessuna adesione al mondo in cui vivono, con una percezione distorta e allucinata che li induce a compiere gesti aberranti. (back cover)

Che cosa constati?
Che qualsiasi esterno circondato da un altro esterno diventa interno cosi’ come un interno che accolga un interno si tramuta indiscutibilmente in esterno.
Non capisco. (13)

Sono seduti la’, a un tavolino all’aperto di un bar. Guardano passare la gente. La gente passa, come sempre, come chiunque, come si conviene, passa. Alla gente piace passare.

Sono qui, seduto sul bordo del marciapiede. Mi alzo, m’infurio, piango, sputo, grido:
Siete dei maleducati, mi vergogno di voi: dite bugie, fate finta di essere gentili! Quando saro’ grande vi uccidero’. (21)

L’indomani dice:
Il tuo viso e’ nero, piacere dal riso acuto, eppure vorrei raggiungere la montagna bianca, quella che cercano i viaggiatori sporgendosi dai finestrini di treni senza binari, senza speranza. (59)

Ormai non mi restano molte speranze. prima mi muovevo, ero sempre in viaggio. Aspettavo qualcosa. Che cosa? Non lo sapevo. Pero’ pensavo che la vita non potesse essere solo questo, vale a dire niente, la vita doveva essere qualcosa, e aspettavo che questa cosa arrivasse, la cercavo addirittura.
Oggi penso che non c’e’ niente da aspettare, per cui me ne sto in camera mia, seduto su una sedia, senza fare nulla.
Penso che fuori c’e’ una vita, ma in questa vita non succede niente. Almeno per me.
Per gli altri puo’ darsi che qualcosa succeda, possibile, ma non m’interessa piu’. (66)

I migliori: Casa mia, La casa, La cassetta delle lettere, Le strade, Penso.

Pillole d’emergenza per non sopravvivere...


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Friday, December 12, 2014

I racconti della SovrappopolazioneI racconti della Sovrappopolazione by Stefano Besi
My rating: 3 of 5 stars

Dobbiamo far capire che questo e' il migliore dei mondi possibili. Dal Nuovo Zero questo e' l'unico posto sicuro, l'unico in cui si possa vivere, ... (location 766)

La Sostituzione e' un nuovo patto generazionale. L'uomo e la donna lasciano ai propri figli il compito di proseguire lo sviluppo e la crescita della nostra Comunita'. (location 1925)

Si appoggio' al davanzale e attraverso la grata guardo' il sole sorgere sopra le mura. Non lo aveva mai visto cosi' basso e debole in tutta la sua vita, aveva un colore diverso. Durante le piogge, in qualche rara occasione, aveva ammirato le nuvole diventare rosse. Qualcuno le aveva detto che anche il sole quando sorge o tramonta e' di quel colore, ma finora non ci aveva mai creduto. (location 1977)

- Alcuni pensano che leggere i testi antichi sia una perdita di tempo. Qualcuno lo pensa anche nel Palazzo. Io invece ho trovato nei libri che vedi molto di quello che mi e' servito per sopravvivere. (location 2760)

... il piu' forte sopravvive, sempre. (location 4122)

Titoli di coda: Che uomini disgustosi quelli che rinunciano a decidere il senso della loro esistenza. (location 4324)

La scrittura e'piacevole alla lettura.

Mi manca la profondita' psicologica di molti personaggi: all'improvviso alcuni di questi commettono azioni inaspettate ed i casi sono due: non ho capito nulla di questo personaggio oppure la sua mente non mi si e' aperta in modo tale da prevederne le sue azioni. Per tutti e quattro i racconti l'ultimo caso e' quello che prevale (secondo la mia opinione).

I migliori: L'Orfanotrofio e Il Palazzo.

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Saturday, December 6, 2014

Il libro dell'alba. La fenice 1Il libro dell'alba. La fenice 1 by Osamu Tezuka
My rating: 4 of 5 stars

- Ma perche' tu non muori e noi esseri umani si? Perche' questa ingiustizia?

- Ingiustizia? Cos'e' piu' desiderabile il potere di non morire o la felicita' di vivere? (150)

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Thursday, December 4, 2014

La musica del caso La musica del caso by Paul Auster
My rating: 5 of 5 stars

Fu uno di quegli incontri casuali, imprevisti, che sembrano nascere dall’aria sottile - un ramoscello spezzato dal vento che improvvisamente atterra ai tuoi piedi. (3)

La velocita’ era la cosa essenziale, la gioia di sedersi in macchina e precipitarsi avanti attraverso lo spazio. Divenne il bene primario, una fame da saziare a ogni costo. Nulla attorno a lui per piu’ di un momento, e poiche’ i momenti si susseguivano, era come se lui solo continuasse a esistere. Lui era il punto fermo in un vortice di cambiamenti, un corpo che restava in equilibrio, assolutamente immobile, mentre il mondo gli si gettava incontro e scompariva. L’automobile divenne il sacrario dell’invulnerabilita’, un rifugio dentro il quale nulla poteva piu’ colpirlo. Mentre guidava non aveva fardelli da portare, era libero dalla benche’ minima particella della vita precedente. (13)

Dopo tre o quattro mesi, aveva solo da salire in macchina per sentire che stava liberandosi del suo corpo, che appena premeva il piede sull’acceleratore e iniziava a guidare, la musica l’avrebbe trasportato in un mondo senza peso. (13)

Ero esausto. Ho dovuto sdraiarmi a fare un sonnellino.
Si’, ma non hai fatto nessun sonnellino, vero? Sei
andato di sopra e hai cominciato a fare un giretto per quella stronzata di Citta’ del Mondo. Perche’ diavolo hai fatto una cosa cosi’ assurda? Io sono da basso ad aspettare che tu ritorni, e poco alla volta comincio a perdere la concentrazione. Dov’e’ che e’? continuo a chiedermi, che cosa diavolo gli e’ successo? Vado un po’ peggio adesso, non vinco piu’ tante mani come prima. E poi, proprio nel momento in cui le cose cominciano ad andare male davvero, ti salta in testa di rubare un pezzo del modello. … Fare una cosa del genere e’ come commettere un peccato, e’ violare una legge fondamentale. Avevamo costruito una perfetta armonia. Eravamo arrivati al punto in cui ogni cosa per noi si trasformava in musica, e poi tu dovevi salire di sopra e spaccare tutto. Ti sei intromesso nell’ordine dell’universo, amico mio, e quando un uomo fa queste cose deve pagarne il prezzo. Mi dispiace solo che anch’io abbia dovuto pagare con te. (134)

… finche’ un giorno, in preda al disgusto, rischia tutto quello che ha voltando una sola carta... (William Faulkner, L’urlo e il furore)

JERUSALEM (from 'Milton')
by: William Blake (1757-1827)

And did those feet in ancient time
Walk upon England's mountains green?
And was the holy Lamb of God
On England's pleasant pastures seen?

And did the Countenance Divine
Shine forth upon our clouded hills?
And was Jerusalem builded here
Among these dark Satanic Mills?

Bring me my bow of burning gold!
Bring me my arrows of desire!
Bring me my spear! O clouds, unfold!
Bring me my chariot of fire!

I will not cease from mental fight,
Nor shall my sword sleep in my hand,
Till we have built Jerusalem
In England's green and pleasant land.


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Sunday, November 30, 2014

Enigmi della storia. Il vero e il falso negli avvenimenti del passatoEnigmi della storia. Il vero e il falso negli avvenimenti del passato by L. Schaffer
My rating: 4 of 5 stars

Il genio sconosciuto.
Malgrado le molte, appassionanti e suggestive ipotesi costruite intorno a un autore sotto mentite spoglie, oggi e' pressoche' universalmente accettato che a scrivere i capolavori cosi' a lungo a lui attribuiti sia stato proprio William Shakespeare di Stratford-upon-Avon.

I piu' interessanti: 5 Storia o leggenda?; 6 Dubbi irrisolti; Una vittoria sprecata? (Carlo XII).

Tra miti infranti (L'ultima battaglia di Custer) e nuove scoperte.

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Thursday, November 27, 2014

I capolavoriI capolavori by Knut Hamsun
My rating: 4 of 5 stars

Presentazione

Il Langtam e lo Stamning sono le caratteristiche dell'anima nordica.

Il Langtam e' il desiderio che ci porta ad uscire di noi stessi, e' la maliconica volutta' di misurare la nostra impotenza;
lo Stamning e' la sensazione che tutte le cose concorrono a creare un'armonia: si stabilisce in tal modo uno scambio simpatico tra noi e le cose. (VI)

PAN

...

UN VIANDANTE CANTA IN SORDINA (****)

Tale gioia piena di speranza suppone una certa stoltezza, pensai, occorre un grado di minorazione per essere sempre contenti della vita e per aspettarsi inoltre qualche novita' e qualche cosa buona. (108-9)

Mi ero trattenuto un bel pezzo tra gli alti monti boscosi ed ero stato ad ascoltare il murmure del cielo e della terra, non si udiva altro. Se si udiva un lievissimo rumore, era una foglia inaridita e attorcigliata che gocciolava per i rami gelati. Sembrava una piccola sorgente. Poi mormoravano di nuovo cielo e terra. Una dolcezza si posava sull'anima mia, la sordina temperava le mie corde. (221)

Se non va una cosa, andra' l'altra. Anche l'altra pero' non va, allora non si perdona Dio, se ne assume, seppure, la difesa. Si puntano le spalle contro il destino, cio' vuol dire che si piega la schiena. Fa un po' male alla carne e al sangue, i capelli diventano grigi; ma un viandante ringrazia Dio per la vita, vivere e' una gioia! (230)

CESPUGLI (**)


SIESTA (****)

Lo vedi, c’e’ sempre qualche cosa che mi si mette sulla strada. Tanto vicino, come quest’ultima volta, non ci son mai stato, eppure ci rimisi per benino. Non risparmio fatica, non mi spavento davanti a nessun viaggio, non evito spese, eppure, eppure non mi giova. E’ destino.
Non c’e’ nulla da fare. (291)

VITTORIA (****)

Giorni vennero e giorni passarono, dolci, cari giorni; meravigliose ore trascorse nella sua camera con i cari ricordi degli anni della fanciullezza, un richiamo alla terra e al cielo, all’aria e ai monti. (321)

Cosi’ era l’amore.
No, no, era molto diverso, ed era come nessun’altra cosa al mondo. Venne sulla terra in una notte di primavera, quando un giovane vide due occhi… due occhi. Fisso’ e vide. Bacio’ una bocca; allora due luci s’incontrarono nel suo cuore, un sole che lampeggio’ dentro una stella. Cadde in un abbraccio, e non vide e non senti’ piu’ nulla del resto del mondo. (329)

Se qualcuno chiedesse che cosa sia l’amore, esso non e’ altro che un vento che spira sulle rose e poi si cheta. Ma spesso e’ pure come un suggello infrangibile, che dura per la vita, dura fino alla morte. Dio l’ha creato di diverse specie e l’ha veduto vivere e perire. (372)

TERRA FAVOLOSA (****)

Ma noi Europei siamo caduti molto in basso, ci piace coricarci, e il nostro letto e’ pieno di cuscini. Arriviamo al punto di desiderare ardentemente l’inverno quando abbiamo avuto alcune settimane di estate, sentiamo il piacere della neve, della morte rigida e fredda. Nessuno si sente triste perche’ l’estate e’ trascorsa, nessuno prova dolore ne’ si rammarica. Sembra un paradosso e non si capisce. … E nelle lunghe serate, quando nulla di fuori per il gelo si puo’ muovere, allora accendiamo le stufe e leggiamo. Leggiamo romanzi e giornali. Ma i popoli antichi non leggono, durante la notte stanno all’aperto e strimpellano canzoni. (422-3)

… ma improvvisamente mi ricordai che di fatto io ero in Russia e che molti Russi sono un pochino diversi dagli altri uomini. (460)

Non vi e’ nulla, nulla assolutamente, al mondo che sia paragonabile con la sensazione di sentirsi isolati da tutto e da tutti, continuo a pensare.
Lo so fin dall’infanzia, quando al mio paese conducevo al pascolo le bestie. Nelle belle giornate mi sdraiavo, le spalle sull’erba, e con l’indice scrivevo su tutto lo spazio del cielo e vivevo ore felici. …
Era una magnifica vita. (466)

Turgenjev non era una gran testa, ma aveva un gran cuore. Egli credeva all’umanesimo, alla bella letteratura, al progresso dell’Europa occidentale. A tutto cio’ credettero anche i suoi contemporanei francesi, ma non tutti i russi alcuni dei quali come Dostojevski e Tolstoj segnarono una frattura nella loro linearita’. Dove l’Europa occidentale vide la salvezza, costoro non videro che speranze fallaci. E distrussero il piu’ antimoderno rispetto della divinita’: l’adorazione di Dio. (488)

Quando Turgenjev mori’, mori’ un sincero credente.
Dostojevski invece mori’ come un fanatico, un folle, come un genio. Egli era estenuato, sproporzionato, come i suoi personaggi. (489)

Gli antichi erano assai indietro nel campo scientifico. Avevano imparato a conoscere soltanto “l’acqua densa”, vi appiccavano fuoco ed essa bruciava, bruciava sempre. Misero questo fenomeno in rapporto con Mitra, col Sole, che bruciava sempre ed era l’immagine di Dio. E quell’acqua divenne sacra per loro, la adorarono, fecero per essa pellegrinaggi. E quando poi qualcuno innalzo’ un tempio sopra questa sorgente di fuoco, grande fu la venerazione di tutti. (512)






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To the LighthouseTo the Lighthouse by Virginia Woolf
My rating: 5 of 5 stars

Beauty will save the world (Fyodor Dostoyevsky)

To the Lighthouse is a ghost story. Mrs. Ramsay’s feast derives its magical quality from its mythical resemblance to the Dionysian feast for the soul of the dead… (xxxiv)

The lost safe-house and garden are the traditions of writings from which the new writer has to travel, out into formidable space. But the new writing keeps trying to find its way back into the past, so there is an old tension in the book between the experimental and the nostalgie. (xxxviii)

If Shakespeare had never existed, he asked, would the world have differed much from what it is to-day? (48)

… all had to be deprecated and concealed under the phrase ‘talking nonsense’, because, in effect, he had not done the thing he might have done. It was a disguise, it was the refuge of a man afraid to own his own feelings, who could not say, This is what I like - this is what I am; (51)

Lily Briscoe went on putting away her brushes, looking up, looking down. Looking up, there he was - Mr. Ramsay - advancing towards them, swinging, careless, oblivious, remote. A bit of a hypocrite? she repeated. Oh no - the most sincere of men, the truest (here he was), the best; but, looking down, she thought, he is absorbed in himself… (52)
Lily Briscoe had looked up at last, and there was Mrs. Ramsay, unwitting entirely what had caused her laughter, still presiding, but now with every trace of wilfulness abolished, and in its stead, something clear as the space which the clouds at last uncover - the little space of sky which sleeps beside the moon. (56-7)

Indeed he (Mr. Ramsay) seemed to her (Mrs. Ramsay) sometimes made differently from other people, born blind, deaf, and dumb, to the ordinary things, but to the extraordinary things, with an eye like an eagle’s. His understanding often astonished her. But did he notices the flowers? No. Did he notice the view? No. … He would sit at the table with them like a person in a dream. (77)
And looking up, she saw above the thin tree the first pulse of the full-throbbing star, and wanted to make her husband look at it; for the sight gave her such keen pleasure. But she stopped herself. He never looked at things. If he did, all he would say would be, Poor little world. which one of his sighs. (78)

She had done the usual trick - been nice. She would never know him. He would never know her. Human relations were all like that, she thought, and the worst (if it had not been for Mr. Bankes) were between men and women. Inevitably these were extremely insincere. (101)

And all the lives we ever lived.
And all the lives to be.
Are full of tree and changing leaves. (129)

… how once the looking-glass had held a face; had held a world hollowed out in which a figure turned, a hand flashed, the door opened, in came children rushing and tumbling; and went out again. Now, day after day, light turned, like a flower reflected in water, its clear image on the wall opposite. Only the shadows of the trees, flourishing in the wind, made obeisance on the wall, and for a moment darkened the pool in which light reflected itself; or birds, flying, made a soft spot flutter slowly across the bedroom floor. (141)

The spring without a leaf to toss, bare a bright like a virgin fierce in her chastity, scornful in her purity, was laid out on fields wide-eyed and watchful and entirely careless of what was done or thought by the beholders. (143)

Did Nature supplement what man advanced? Did she complete what he began? With equal complacence she saw his misery, condoned his menness, and acquiesced in his torture. That dream, then, of sharing, completing, finding in solitude on the beach an answer, but was a reflection in a mirror, and the mirror itself was but the surface glassiness which forms in quiescence when the nobler powers sleep beneath? Impatient, despairing yet loth to go (for beauty offers her lures, has her consolations), to pace the beach was impossible; contemplation was unendurable; the mirror was broken. (146)

What power could now prevent the fertility, the insensibility of nature? (150)

Indeed the voice might resume, as the curtains of dark wrapped themselves over the house, over Mrs. Beckwith, Mr. Carmichael, and Lily Briscoe so that they lay with several folds of blackness on their eyes, why not accept this, be content with this, acquiesce and resign? The sigh of all the seas breaking in measure round the isles soothed them; the night wrapped them; nothing broke their sleep, until, the birds beginning and the dawn weaving thei thin voices in to its whiteness, a cart grinding, a dog somewhere barking, the sun lifted the curtains, broke the veil on their eyes, and Lily Briscoe stirring in her sleep clutched at her blankets as a faller clutches at the turf on the edge of a cliff. Her eyes opened wide. Here she was again, she thought, sitting bolt upright in bed. Awake. (155)

What does it mean then, what can it all mean? Lily briscoe asked herself…
For really, what did she feel, come back after all these years and Mrs. Ramsay dead? Nothing, nothing - nothing that she could express at all. (159)

And he (Mr. Ramsay) shook his head at her (Lily), and strode on (‘Alone’ she heard him say, ‘Perished’ she heard him say) and like everything else this strange morning the words became symbols, wrote themselves all over the grey-green walls. If only she could put them together, she felt, write them out in some sentence, then she would have got at the truth of things. (160-1)

Certainly she (Lily) was losing consciousness of outer things. And as she lost consciousness of outer things, and her name and her personality and her appearance, and whether Mr. Carmichael was there or not, her mind kept throwing up from its depths, scenes, and names, and sayings, and memories and ideas, like a fountain spurting over that glaring, hideously difficult with space, while she modelled it with green and blues. (174)

What is the meaning of life? That was all - a simple question; one that tended to close in on one with years. The great revelation had never come. The great revelation perhaps never did come. Instead there were little daily miracles, illuminations, matches struck unexpectedly in the dark; here was one. This, that, and the other; herself and Charles Tansley and the breaking wave; Mrs. Ramsay bringing them together; Mrs. Ramsay saying ‘Life stand still here’; Mrs. Ramsay making of the moment something permanent (as in another sphere Lily herself tried to make of the moment something permanent) - this was of the nature of a revelation. In the midst of chaos there was shape; this eternal passing and flowing (she looked at the clouds going and the leaves shaking) was struck into stability. Life stand still here, Mrs. Ramsay said. ‘Mrs. Ramsay! Mrs. Ramsay!’ she repeated. She owed this revelation to her. (175-6)

She rammed a little hole in the sand and covered it up, by way of burying in it the perfection of the moment. (187)

She looked at her picture. That would have been his answer, presumably - how ‘you’ and ‘I’ and ‘she’ pass and vanish; nothing stays; all changes; but not words, not paint. (195)

James looked at the Lighthouse. He could see the white-washed rocks; the tower, stark and straight; he could see that it was barred with black and white; he could see windows in it; he could even see washing spread on the rocks to dry. So that was the Lighthouse, was it? (202)

It was some such feeling of completeness perhaps which, ten years ago, standing almost where she stood now, had made her say that she must be in love with the place. Love had a thousand shapes. There might be lovers whose gift it was to choose out the elements of things and place them together and so, giving them a wholeness not theirs in life, make of some scene, or meeting of people (all now gone and separate), one of those globed compacted things over which thought lingers, and love plays. (208-9)

One must keep on looking without for a second relaxing the intensity of emotion, the determination not to be put off, not to be bamboozled. One must hold the scene - so - in a vice and let nothing come in and spoil it. One wanted, she thought, dipping her brush deliberately, to be on a level with ordinary experience, to feel simply that’s a chair, that’s a table, and yet at the same time, It’s a miracle, it’s an ecstasy. (218)
Ceci n’est pas une pipe. (Magritte, 1928)

Mr. Ramsay had almost done reading. One hand hovered over the page as if to be in readiness to turn it the very instant he had finished it. He sat there bareheaded with the wind blowing his hair about, extraordinarily exposed to everything. He looked very old. He looked, James thought, getting his head now against the Lighthouse, now against the waste of waters running away into the open, like some old stone lying on the sand; he looked as if he had become physically what was always at the back of both of their minds - that loneliness which was for both of them the truth about things. (219)

Lily reflects that “nothing stays, all changes; but not words, not paint.”
The truth, according to this assertion, rests in the accumulation of different, even opposing vantage points.
Nevertheless, Lily continues on her quest to “still” or “freeze” a moment from life and make it beautiful. (Sparknotes)

Notes: Sein und Zeit by Martin Heidegger (1927) & To the Lighthouse (1927) & Will You Please Forget Freud, Please? (I'm so sorry, Mr. Carver!) & The Lighthouse = Da-sein.




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Thursday, November 20, 2014

Il cuore dell'uomoIl cuore dell'uomo by Jón Kalman Stefánsson
My rating: 4 of 5 stars

"Only once in your life, I truly believe, you find someone who can completely turn your world around. You tell them things that you’ve never shared with another soul and they absorb everything you say and actually want to hear more. You share hopes for the future, dreams that will never come true, goals that were never achieved and the many disappointments life has thrown at you. When something wonderful happens, you can’t wait to tell them about it, knowing they will share in your excitement. " Emeraldia Ayakashi

… ma ogni coscienza e’ comunque un mondo che si estende dalla terra al cielo, e come puo’ essere, allora, che una cosa tanto grande sparisca cosi’ facilmente fino a diventare nulla, senza lasciarsi dietro neppure una traccia di schiuma, neppure un’eco? (13)

… ma le parole che stiamo per dirti ci tengono caldo, sono la speranza e finche’ ci sono le parole c’e’ la vita. (14)

… e’ stato un errore da parte dell’essere umano alzarsi sugli arti posteriori, e’ stato allora che e’ cominciato questo tiro alla fune tra il paradiso e l’inferno. (22)

… le parole che pronunci oggi torneranno a cercarti tra cinque anni, torneranno da te come un mazzo di fiori, come una consolazione, come un coltello insanguinato. E le frasi che sentirai domani trasformeranno un antico bacio sincero nel ricordo del morso di un serpente. (34)

C’era una volta. Esiste una frase piu’ triste di c’era una volta? C’era una volta, e ora non c’e’ piu’. Una volta ero un bambino. (Wim Wenders?) Una volta i giorni erano palazzi fiabeschi. Poi sono piombati in una selva oscura e si sono perduti, (L’Inferno?) abbiamo lasciato che accadesse. Lasciamo che accada. Lasciamo che la vita ristagni, si appesantisca. Dove vai, vita, dove sei, cara amica? (41)

Da qualche parte sta scritto che chi si smarrisce nel maltempo non muore davvero ma si trasforma in un gabbiano, diventa un lamento nell’aria. (52-3)

Non c’e’ mai modo di sapere che direzione prendera’ la vita, non sappiamo chi sopravvivra’ alla giornata e chi soccombera’, non sappiamo se l’ultimo saluto diventera’ un bacio, una parola amara, uno sguardo che ferisce, basta un attimo di disattenzione, ti dimentichi di guardare a destra e sei morto e allora e’ troppo tardi per ritirare le parole offensive, troppo tardi per chiedere scusa, troppo tardi per dire le cose che contano, le cose che vorremmo dire ma che non riusciamo a esprimere a causa del rancore, della stanchezza della quotidianita’, del tempo che manca, dimentichi di guardare a destra e non ti vedo piu’, e le ultime parole che mi hai detto continueranno a riecheggiarmi dentro per tutti i miei giorni e le mie notti, e il bacio che avresti dovuto ricevere mi si secchera’ sulle labbra, diventera’ una ferita che si riaprira’ ogni volta che altri mi baceranno. (53-4)

Dove sta la felicita’, la pienezza, se non nei libri, nella poesia, nella conoscenza? (61-2)

Jens dorme quando il ragazzo ritorna, freme leggermente nel sonno, come se sognasse la solitudine. Non esiste inferno, soltanto solitudine, tutto impallidisce intorno a lei, le erbe della vita avvizziscono e noi tremiamo al solo pensiero. (77)

… ma che cosa portano i libri, se non morte e tenebre, che cosa fanno, se non ricordarci cio’ che non abbiamo? (78-9)

… perche’ la luce che abita nelle parole impallidisce gia’ mentre le scriviamo? Una carezza puo’ dire piu’ di qualsiasi parola del mondo, e’ vero, ma la carzza svanisce con gli anni e allora abbiamo di nuovo bisogno delle parole, sono le nostre armi contro il tempo, (Proust e Woolf) contro la morte, contro l’oblio, contro l’infelicita’. (109)

Un tempo l’unico tratto umano che sussisteva in noi era la disperazione, allora abbiamo trovato una soffitta abbandonata in una grande casa, un posto dimenticato dove ci siamo appartati, carezzando la vana speranza che il tempo finira’ per cancellarci, noi, gli scarti del mondo, torturati dai ricordi, dai rimpianti e dall’autocommiserazione. (110)

… e il sole e’ la cosa piu’ grande tra tutte quelle che l’uomo puo’ contemplare, e’ l’occhio di Dio, lo si dice anche in una poesia, infatti tutto torna, Dio ha un occhio solo, il che spiega molte cose, chi ha un occhio solo non ci vede bene come gli altri, manca di un raffronto. (124-5)

Ma del resto, che cos’e’ un uomo se non un ricordo? (131)

La vita diventa piu’ grande quando leggi, dice il ragazzo, diventa di piu’, dice, e’ come se possedessi qualcosa che nessuno ti potra’ mai togliere, dice, si diventa piu’ felici. (158)

Purtroppo c’e’ una distanza infinita tra pensare e vivere. (Rilke?) E’ possibile sapere piu’ di qualsiasi altro, conoscere l’esistenza, saperla descrivere con parole efficaci, eppure non avere alcuna idea di ogni giorno. E’ un po’ come conoscere tutte le note ed essere incapaci di fischiettare un banale motivetto. (167)

La cosa peggiore e’ non saper vivere, conoscere tutte le note e non avere una melodia. (168)

Le traduzioni ampliano gli orizzonti dell’uomo e, al tempo stesso, il mondo. (204)

E’ proprio cosi’. Uno pensa troppo alla poesia, dimentica la cerata e muore di freddo. (231)

Chi si ricorda di chi non si e’ mai distratto, o solo di rado, di chi non si e’ mai perso nei sogni, non ha mai sentito la scintilla ed e’ diventato grigio a poco a poco, pallido, ed e’ andato incontro alla monotonia, ed e’ sparito molto prima che la morte venisse a prenderlo? Allora, meglio pregare per sentire questa scintilla, anche se puo’ costarci prematuramente la vita - corriamo il rischio, piuttosto, e viviamo.
Se solo l’avessimo fatto. (231)


… suona musica di duecento anni fa sul suo armonium che non si cura piu’ di accordare, e perche’ del resto dovrebbe farlo, nemmeno la vita, quello strumento grandioso, ha un bel suono, ne’ e’ stata accordata dal Signore. (249)

Se Dio fosse onesto dovrebbe prenderla a calci in culo, certa gente. (253)

I miei ricordi sono pesci freddi, a volte mi nuotano nelle vene, e allora ho freddo. (285)

Alcuni sopportano la banalita’ meglio di altri, e probabilmente per loro e’ una benedizione. (287)

… non si puo’ stare senza musica, senza musica siamo poco piu’ che pesci. (322)

Probabilmente non c’e’ bisogno di sapere molto della vita, basta entrarci dentro. E saperla accogliere quando arriva. (Woolf?) (329)

C’e’ un tale silenzio nel mondo che mi fa paura, vieni a distenderti accanto a me, senti il calore delle mie dita, la dolcezza delle mie labbra, quando il mondo tace e sparisce io ti cerco, accanto a te sono al sicuro. Questo maledetto mondo e’ vivibile finche’ mi ami. (Sant’Agostino?) (359) che parole inutili

A volte i poemi piu’ grandi e piu’ profondi non sono nient’altro che parole inutili affidate alla carta. (367)

L’onesta’ rende l’uomo coraggioso, ma la vita e’ sventura, forse e’ difficile, forse ci disprezza, e per questo sono in tanti a piegarsi, troppo vigliacchi o troppo poco coriacei per continuare a perseguire i loro sogni. Si piegano, si accontentano di cio’ di cui non dovrebbero accontentarsi. (393)

… la vita sono stelle che scintillano, ma allora cos’e’ il buio che le separa? (409)

Bisogna vivere come le stelle, e splendere. (410)


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Sunday, November 2, 2014

Uno zoo d'invernoUno zoo d'inverno by Jirō Taniguchi
My rating: 4 of 5 stars

Chiedilo alle stelle.

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Trilogia della città di K.Trilogia della città di K. by Ágota Kristóf
My rating: 4 of 5 stars

Abbiamo un odore misto di letame, pesce, erba, funghi, fumo, latte, formaggio, melma, fango, terra, sudore, orina, muffa.
Puzziamo come Nonna. (15)

Un uomo dice:
Tu chiudi il becco! Le donne non sanno niente della guerra.
La donna dice:
Non sanno niente? Coglione! Abbiamo tutto il lavoro, tutte le preoccupazioni: i bambini da sfamare, i feriti da curare. Voi, una volta finita la guerra siete tutti degli eroi. Morti: eroi. Sopravvissuti: eroi. Mutilati: eroi. E’ per questo che avete inventato la guerra, voi uomini. E’ la vostra guerra. l’avete voluta voi, fatela allora, eroi dei miei stivali! (76)

Buongiorno, Lucas.
Mi conosce?
Tutti la conoscono in citta’. Sono molto felice di poterle essere utile. Compiliamo la sua carta. Nome, cognome, indirizzo, data di nascita. Ha solo quindici anni? E’ molto alto per la sua eta’. Professione? Scrivo “musicista” ?
Lucas dice:
Vivo anche coltivando il mio orto.
Allora scriviamo “ortolano”, fa piu’ serio. Bene, capelli castani, occhi grigi… Appartenenza politica?
Lucas dice:
Questo lo cancelli.
Si’. E qui, cosa vuole che scriva qui: “Apprezzamenti delle autorita’”?
“Scemo”, se puo’. (155)

Ci sono molti libri all’indice?
Quasi tutti. (173)

Sono convinto, Lucas, che ogni essere umano e’ nato per scrivere un libro, e per nient’altro. Un libro geniale o un libro mediocre, non importa, ma colui che non scrivera’ niente e’ un essere perduto, non ha fatto altro che passare sulla terra senza lasciare traccia. (210)

Per quel che concerne il contenuto, non puo’ trattarsi che d’invenzione, poiche’ ne’ gli avvenimenti descritti ne’ i personaggi rappresentati sono mai esistiti nella citta’ di K. (266)

Cerco di scrivere, ma riesco solo a piangere pensando alla “cosa” che ha rovinato la nostra vita, la vita di tutti noi. (332)

Mi metto a letto e prima di addormentarmi parlo mentalmente a Lucas, come faccio da molti anni. Quello che gli dico e’ piu’ o meno la stessa cosa di sempre. Gli dico che se e’ morto, beato lui, e che vorrei essere al suo posto. Gli dico che gli e’ toccata la parte migliore e che sono io a dover reggere il fardello piu’ pesante. Gli dico che la vita e’ di un’inutilita’ totale, e’ non-senso, aberrazione, sofferenza infinita, invenzione di un Non-Dio di una malvagita’ che supera l’immaginazione. (374)

Il treno e’ una buona idea. (379)



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Tuesday, October 28, 2014

Snow CountrySnow Country by Yasunari Kawabata
My rating: 5 of 5 stars

Kawabata has been put, I think rightly, in a literary line that can be traced back to seventeenth-century haiku masters. Haiku are tiny seventeen-syllable poems that seek to convey a sudden awareness of beauty by a mating of opposite or incongruous terms. Thus the classical haiku characteristically fuses motion and stillness.Similarly Kawabata relies very heavily on a mingling of the senses.(Kindle Locations 35-37)

In Snow Country Kawabata has chosen a theme that makes ameeting between haiku and the novel possible.(Kindle Locations 42-43)

The girl's face seemed to be out in the flow of the evening mountains. It was then that a light shone in the face. The reflection in the mirror was not strong enough to blot out the light outside, nor was the light strong enough to dim the reflection. The light moved across the face, though not to light it up.It was a distant, cold light. As it sent its small ray through the pupil of the girl's eye, as the eye and the light were superimposed one on the other, the eye became a weirdly beautiful bit of phosphorescence on the sea of evening mountains. (Kindle Locations 127-131)

A ballet he had never seen was an art in another world. It was an unrivaled armchair reverie, a lyric from some paradise.He called his work research, but it was actually free, uncontrolled fantasy. He preferred not to savor the ballet in the flesh; rather he savored the phantasms of his own dancing imagination, called up by Western books and pictures. It was like being in love with someone he had never seen. (Kindle Locations 262-265)

There was something lonely, something sad in it, something that rather suggested a beggar who has lost all desire. It occurred to Shimamura that his own distant fantasy on the occidental ballet, built up from words and photographs in foreign books, was not in its way dissimilar. (Kindle Locations 425-427)

For a moment he was taken with the fancy that the light must pass through Komako, living in the silkworms' room, as it passed through the translucent silkworms. (Kindle Locations 538-539)

He was chilled to the pit of his stomach--but someone had left the windows wide open. The color of evening had already fallen on the mountain valley, early buried in shadows. Out of the dusk the distant mountains, still reflecting the light of the evening sun, seemed to have come much nearer. Presently, as the mountain chasms were far and near, high and low, the shadows in them began to deepen, and the sky was red over the snowy mountains, bathed now in but a wan light. Cedar groves stood out darkly by the river bank, at the ski ground, around the shrine. (Kindle Locations 610-614)

A chill swept over Shimamura. The goose flesh seemed to rise even to his cheeks.The first notes opened a transparent emptiness deep in his entrails, and in the emptiness the sound of the samisen reverberated. He was startled--or, better,he fell back as under a well-aimed blow. Taken with a feeling almost of reverence,washed by waves of remorse, defenseless, quite deprived of strength--there was nothing for him to do but give himself up to the current, to the pleasure of being swept off wherever Komako would take him. (Kindle Locations 696-700)

Before a white wall, shaded by eaves, a little girl in "mountain trousers" and orange-red flannel kimono, clearly brand-new, was bouncing a rubber ball. For Shimamura, there was autumn in the little scene. (Kindle Locations 1036-1038)

It was through a thin, smooth skin that man loved. Looking out at the evening mountains, Shimamura felt a sentimental longing for the human skin. (Kindle Locations 1058-1059)

When he was far away, he thought incessantly of Komako; but now that he was near her, this sighing for the human skin took on a dreamy quality like the spell of the mountains. Perhaps he felt a certain security, perhaps he was at the moment too intimate, too familiar with her body. (Kindle Locations 1064-1066)

He had stayed so long that one might wonder whether he had forgotten his wife and children. He stayed not because he could not leave Komako nor because he did not want to. He had simply fallen into the habit of waiting for those frequent visits. And the more continuous the assault became, the more he began to wonder what was lacking in him, what kept him from living as completely. He stood gazing at his own coldness, so to speak. He could not understand how she had so lost herself. All of Komako came to him, but it seemed that nothing went out from him to her. He heard in his chest, line snow piling up, the sound of Komako, an echo beating against empty walls. And he knew that he could not go on pampering himself forever. (Kindle Locations 1465-1470)



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Monday, October 27, 2014

Moon PalaceMoon Palace by Paul Auster
My rating: 4 of 5 stars

Pensa alla soddisfazione, spiegavo loro, di ficcarsi a letto sapendo che stai per sognare sulla letteratura americana dell’Ottocento. (6)

Una stanza spoglia e sudicia si era convertita in un luogo di interiorita’, in un punto cruciale di strani presagi e misteriosi eventi arbitrari. Continuai a tenere lo sguardo fisso suul’insegna del Moon Palace, finche’ piano piano capii che ero arrivato al posto giusto, che in quell’appartamentino era veramente il luogo dov’ero destinato a vivere. (23)

Le nostre vite sono determinate da molteplici contingenze, - dissi, cercando di essere il piu’ possibile conciso, - ogni giorno combattiamo contro simili shock e accidenti al fine di mantenere il nostro equilibrio. E’ una lotta a cui, due anni fa, per motivi al tempo stesso personale e filosofici, ho deciso di rinunciare. Non perche’ volessi uccidermi - non deve pensare nulla del genere -, ma perche’ ritenevo che abbandonandomi al caos del mondo, lo stesso mondo avrebbe potuto finire per rivelarmi un’armonia segreta, una forma o una struttura che mi avrebbe aiutato ad approfondire me stesso. Il punto era accettare le cose come sono, andare alla deriva con il fluire dell’universo. (89)

Il sole e’ il passato, la terra il presente e la luna il futuro. (106)

Al centro della tela - nel preciso centro geometrico, mi parve - c’era una luna piena di perfetta rotondita’, un pallido disco bianco che illuminava tutto quel che c’era sopra e sotto: il cielo, un lago, un grande albero dagli eterei rami e le basse montagne sull’orizzonte. (150)

Non si puo’ sapere in che punto della terra ci si trovi, se non in rapporto alla luna o a una stella. (167)

La seconda coazione era piu’ sottile, eppure esercitava su di lui un’influenza ancora piu’ forte, riassumendosi nel concetto che alla fine i materiali di cui disponeva si sarebbero esauriti. Il numero dei tubetti di colore e delle tele di cui disponeva non era illimitato: se voleva continuare a lavorare, doveva consumarli. L’esito finale l’aveva pertanto avuto presente fin dall’inizio. Gia’ mentre dipingeva quei quadri era come se sentisse il paesaggio svanire davanti agli occhi. (185)

Ah! Come se le coincidenze esistessero. (212)

Non riesco a vederti nelle vesti di un bibliotecario, Fogg.
Riconosco che e’ strano, pero’ credo di esserci portato. In definitiva le biblioteche non appartengono al mondo reale. Sono posti separati, ricettacoli del pensiero puro. In quel modo posso continuare a vivere sulla luna per tutta la vita. (233)

A tanto si riduce tutta questa storia, pensai. A una serie di occasioni mancate. (269)

… bastava che continuassi a camminare per capire che mi ero lasciato alle spalle me stesso, che non ero piu’ la persona di un tempo. (327)

Poi dalle alture fece capolino la luna. (328)



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Wednesday, October 8, 2014

Nicholas NicklebyNicholas Nickleby by Charles Dickens
My rating: 5 of 5 stars

Hem…

“Oh,” growled Ralph, with an ill-favoured frown, “you are Nicholas, I suppose?”
“That is my name, sir,” replied the youth. (40)

Mr. Squeers was standing in a box by one of the coffee-room fireplaces, fitted with one such table as is usually seen in coffee-rooms, and two of extraordinary shapes and dimensions made to suit the angles of the partition. In a corner of the seat was a very small deal trunk, tied round with a scanty piece of cord; and on the trunk was perched - his lace-up half-boots and corduroy trousers dangling in the air - a diminutive boy, with his shoulders drawn up to his ears, and his hand planted on his knees, who glanced timidly at the school master from time to time with evident dread and apprehension. (48)

Mrs. Squeers then proceeded to open a miscellaneous collection of letters, some enclosing money, which Mrs. Squeers “took care of”; and other referring to small articles of apparel, as caps and so forth, all of which the same lady stated to be too large or too small, and calculated for nobody but young Squeers, who would appear indeed to have had most accommodating limbs, since everything that came into the school fitted him to nicety. His head, in particular, must have been singularly elastic, for hats and caps of all dimensions were alike to him. (109)

A few - and these where among the youngest of the children - slept peacefully on with smiles upon their faces, dreaming perhaps of home; but even and again e deep and heavy sigh, breaking the stillness of the room, announced that some new sleeper had awakened to the misery of another day, and, as morning took the place of night, the smiles gradually faded away with the friendly darkness which had given them birth. (157)

But men are so different at different time! (204)

Such is hope, Heaven’s own gift to struggling mortals; pervading, like some subtle essence, from the skies, all things, both good and bad; as universal as death, and more infectious than disease. (239)

It was a cold, dry, foggy morning in early spring; a few meagre shadows flitted to and fro in the misty streets, and occasionally there loomed through the dull vapour the heavy outline of some hackney-coach wending homewards, which drawing slowly nearer, rolled jangling by, scattering the thin crust of frost from its whitened roof, and soon was lost again in the cloud. At intervals were heard the thread of slipshod feet, and the chilly cry of the poor sweep as he crept shivering to his early toil; the heavy footfall of the official watcher of the night pacing slowly up and down and cursing the tardy hours that still intervened between him and sleep; the rumbling of ponderous carts and waggons, the roll of the lighter vehicles which carried buyers and sellers to the different markets; the sound of ineffectual knocking at the doors of heavy sleepers - all these noises fell upon the ear from time to time, but all seemed muffled by the fog, and to be rendered almost as indistinct to the ear as was every object to the sight. (276-7)

“I think ,” said Smike, “if you were to keep saying it to me in little bits, over and over again, I should be able to recollect it from hearing you.”
“Do you think so!” exclaimed Nicholas. “Well said. Let us see who tires first. Not I, Smike, trust me. Now then. ‘Who calls so loud?”
“Who calls so loud?” said Smike.
“Who calls so loud?” repeated Nicholas.
“Who calls so loud?” cried Smike. (332-3)

Lord Frederick Verisopht was the first to speak. Dropping his slippered foot on the ground, and, yawning heavily, he struggles into a sitting posture, and turned his dull languid eyes towards his friend, to whom he called in a drowsy voice.
“Hallo!” replied Sir Mulberry, turning round.
“Are we going to lie here all da-a-y?” said the lord.
“I don’t know that we’re fit for anything else,” replied Sir Mulberry; “yet awhile, at least. I haven’t a grain of life in me this morning.”
“Life!” cried Lord Verisopht. “I feel as if there would be nothing so snug and comfortable as to die at once.” (334-5)

“How is it that you, who are so kind and good to me, have nobody to be kind to you?” asked Smike. “I cannot make that out.”
“Why, it is a long story,” replied Nicholas… (376)

In exact proportion as Ralph Nickelby became conscious of a struggling and lingering regard for Kate, had his detestation of Nicholas augmented. It might be, that to atone for the weakness of inclining to any one person, he held it necessary to hate some other more intensely than before; but such had the course of his feelings. (439)

“I have been, Mrs. Snawley,” said Mr. Squeers, when he had satisfied himself upon this point, “I have been that chap’s benefactor, feeder, teacher, and clother. I have been that chap’s classical, commercial, mathematical, philosophical, and trigonomical friend. My son - my only son, Wackford - has been his (Smike) brother; Mrs Squeers has been his mother, grandmother, aunt, - Ah! and I may say uncle too, all in one… (495)

John Browdie helps Smike.
“Presently,” resumed John “he did coom. I heerd door shut doonstairs, and him a warking oop in the daark. ‘Slow and steddy,’ I says to myself, ‘tak’ your time, sir - no hurry.’ He cooms to the door, turns the key - turns the key when there warn’t nothing to hoold the lock - and ca’s oot ‘Hallo there!’ - ‘Yes,’ thinks I, ‘you may do thot agean, and not waken anybody, sir.’ ‘Hallo, there,’ he says, and then he stops. ‘Thou’d betther not aggravate me,’ says schoolmeasther, efther a little time. ‘I’ll brak’ every boan in your boddy, Smike,’ he says, efther another little time. Then all of a soodden, he sings oot for a loight, and when it cooms - ecod, such a hoorly - boorly! ‘wa’ats the matter?’ says I. ‘He’s gane,’ says he, - stark mad wi’ vengeance. ‘Have you heerd nought?’ ‘Ees,’ says I, ‘I heerd street door shut, no time at a’ ago. I heerd a person run doon there’ (pointing t’other wa’ - eh?) ‘Help’ he cries, ‘I’ll help you,’ says I; and off we set - the wrong wa’! Ho! ho! ho!” (539)

Many and many a time in after years did Nicholas look back to this period of his life, and tread again the humble quiet homely scenes that rose up of old before him. Many and many a time, in the twilight of a summer evening, or beside the flickering winter’s fire - but not so often or so sadly then - would his thoughts wander back to these old days, and dwell with a pleasant sorrow upon every slight room in which they had so often sat long after it was dark, figuring such happy futures - Kate’s cheerful voice and merry laugh… (628-9)

“She is come!” said the old gentleman, laying his hand upon his heart. “Cormoran and Blunderbore! She is come! All the wealth I have is hers if she will take me for her slave. Where are grace beauty and blandishments like those? In the Empress of Madagascar? No. In the Queen of Diamonds? No. In Mrs. Rowland who every monrning bathes in Kalydor for nothing? No. Melt all these down into one, with the three Graces, the nine Muses, and fourteen biscuit-bakers’ daughters from Oxford Street, and make a woman half as lovely. Pho! I defy you.” (638-9)

It was one of those scenes of life and animation, caught in its very brightest and freshest moments, which can scarcely fail to please; for it the eye be tired of show and glare, or the ear be weary with a ceaseless round of noise, the one may repose, turn almost where it will, on eager happy and expectant faces, and the other deaden all consciousness of more annoying sounds in those of mirth and exhilaration. Even the sunburnt faces of gipsy children, half naked though they be, suggest a drop of comfort. It is a pleasant thing to see that the sun has been there, to know that the air and light are on them every day, to feel that they are children and lead children’s lives; that if their pillows be damp, it is with the dew of Heaven, and not with tears; … that their lives are spent day to day at least among the waving trees, and not in the midst of dreadful engines which make young children old before they know what childhood is, … (642-3)

“The man that came to me last night!” whispered Gride, plucking at his elbow. “The man that came to me last night!”
“I see,” muttered Ralph, “I know! I might have guessed as much before. Across my every path, at every turn, go where I will, do what I may, he comes!” (702)

“Well, my Slider!” said Mr. Squeers, jocularly.
“Is that you?” inquired Peg.
“Ah! it’s me, and me’s the first person singular, nominative case, agreeing with the verb ’it’s,’ and governed by Squeers understood, as a acorn, a hour; but when the h is sounded, the a only is to be used, as a hand, a heart, a highway,” replied Mr. Squeers, quoting at random from the grammar, “at least if it isn’t, you don’t know any better, and if it is, I’ve done it accidentally.” (735)

“Measles, rheumatics, hooping-cough, fevers, agers, and lumbagers,” said Mr. Squeers, “is all philosophy, and the earthly bodies is philosophy. If there’s a screw loose in a heavenly body, that’s philosophy too; or it may be that sometimes there’s a little metaphysics in it, but that’s not often. Philosophy’s the chap for me. If a parent asks a question in the classical, commercial, or mathematical line, say I, gravely, ‘Why, sir, in the first place, are you a philosopher?’ - ‘No, Mr. Squeers,’ he says, ‘I an’t.’ ‘Then, sir,’ says I, “I am sorry for you, for I shan’t be able to explain it. ‘Naturally the parent goes away and wishes he was a philosopher, and equally naturally, thinks I’m one.” (736)

Demmit…



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Thursday, October 2, 2014

Luce d'estate, ed è subito notteLuce d'estate, ed è subito notte by Jón Kalman Stefánsson
My rating: 4 of 5 stars

Alla ricerca del senso nella quotidianita’ oppure della Geworfenheit (thrownness) di Heidegger, chissa’ ...

Hai mai riflettuto, del resto, su quante cose siano affidate al caso, su come tutto lo sia? Puo’ essere un pensiero maledettamente sgradevole, di rado si trova nel caso un barlume di senso e la nostra vita e’ dunque poco piu’ di un errare senza meta, questa vita che a volte sembra poter andare per ogni dove e poi s’interrompe in mezzo ad una frase… (11)

C’e chi gli ha chiesto se ha visto manifestarsi Dio, forse e’ piu’ che sufficiente avere il cielo e il latino, le stelle non ti abbandonano mai mentre certo non si puo’ dire altrettanto di Dio. (27)

Le lacrime sono fatte come remi, il dolore e la tristezza vogano. Chi piange a un funerale, piange nondimeno la propria morte e quella del mondo, perche’ tutto muore e alla fine non resta niente. (62)
Ma c’e’ chi si dibatte ancora con l’Amicizia stellare di Nietzsche.

Ma quello che e’ stato e’ stato e non si cancella, e ti cambia il paesaggio interiore in un modo che le parole servono a ben poco. (71)

Del resto si possono dire tante cose sull’essere umano. La maggior parte delle persone ha dentro la bellezza quanto la sporcizia. L’uomo e’ un essere complesso, una sorta di labirinto, ed e’ facile smarrirsi se ci si inoltra per cercare spiegazioni. (142)
Ed e’ ancora lui, Nietzsche, che con la piena cognizione dell’origine se ne aumenta l’insignificanza, ossia non serve a nulla.

Parliamo, scriviamo, raccontiamo di piccole e grandi cose per cercare di capire, di arrivare a qualcosa, di afferrare l’essenza che pero’ si allontana sempre piu’ come l’arcobaleno. Nelle storie antiche si dice che l’uomo non possa guardare Dio, equivarrebbe alla morte, e senza dubbio vale lo stesso per quello che cerchiamo - la ricerca stessa e’ lo scopo, il risultato ce ne priverebbe. E ovviamente e’ la ricerca che ci insegna le parole per descrivere lo splendore delle stelle, il silenzio dei pesci, il sorriso e lo sconforto, la fine del mondo e la luce dell’estate. Abbiamo un compito, a parte baciare labbra; sai per caso come si dice “ti desidero” in latino? E come si dice in islandese? (165)

Questa sera desidero parlare dei possibili confini dell’universo, dei possibili confini dell’esistenza.
Ti puoi immaginare come tutti drizzammo le orecchie.
D’altra parte e’ presumibile che ben pochi di noi avrebbero desiderato sprecare la serata a meditare su questioni del genere, abbiamo gia’ abbastanza da fare nel nostro tempo libero, oltretutto gli studi dimostrano che questo genere di elucubrazioni favorisce l’alcolismo e l’abuso di sonniferi e antidepressivi. L’Astronomo disse che l’uomo non capira’ mai la vita, non si orientera’ mai nelle sue dimensioni, la sua essenza va oltre l’immaginazione eppure allo stesso tempo e’ cosi’ ovvia, cosi’ semplice che non c’e’ modo di afferrarla. Gia’ a quelle parole ci venne il capogiro. (169-70)

… come spesso vanno le cose, il mondo e’ pieno di sogni che non si avverano, svaniscono e si depositano come rugiada nel cielo e si trasformano in stelle nella notte. (171)

E’ rischioso avvicinarsi troppo ai propri sogni, possono renderti fiacco nei confronti della vita, sostituirsi alla volonta’, e cos’e’ un uomo senza volonta’? (198)

… non riesco a liberarmi dal sospetto che sia il caso a governare ogni cosa, che tutto nasca da li’, perfino goni senso ed ogni scopo; gli uccelli continuano a volare alti nel cielo, perche’ dovremmo preoccuparci di una cultura, di una civilta’ sopra di noi? (201)

E gli uccelli dipinti sono cosi’ vivi che il gatto del vicinato, un diavolo giallognolo che ci ha privato di ben piu’ volatili di quanto ce ne fosse bisogno, ha continuato a saltare contro il muro per intere settimane, glielo vedevi chiaramente sul muso, e da allora non e’ piu’ stato il cacciatore di una volta, e poi si dice che l’arte non abbia influenza sulla vita. (219)

Ma la vita fugge in ogni direzione e si conclude a meta’ frase, e allora non c’e’ niente di meglio che svegliarsi presto la mattina e guardare la superficie del mare, e lasciar scorrere il tempo.
Il mare, una tazza di caffe’, l’edredone (anatra marina) che cicaleccia, le rocce che si immergono, e poi riemergono a respirare. Due sono le cose che faccio - respirare e pensare a te. (258-9)

… resta li’ a riflettere, guarda il panorama inospitale, scrive: Vado a londra, ci pensa su a lungo, poi mette un punto esclamativo ma se ne pente subito, la frase diventa cosi’ goffa, come se fosse una gran notizia andare dove migliaia di islandesi vanno ogni anno. Sbuffa, si alza, si affretta a comprare un’altra cartolina, ci scrive il nome di lei e poi: Vado a Londra. Punto, niente punto esclamativo. Poi bisogna dare qualche spiegazione, scrive: Il mondo e’ grande. Punto, che dopo averci pensato parecchio trasforma in una virgola: ed e’ ovvio che uno voglia vederne almeno un pezzo. Cosi’ va bene, si appoggia all’indietro soddisfatto, si fa una lunga sorsata di bitta … (280)

Benedikt e’ in un pub con una pinta di birra in mano, guarda la gente che passa fuori, la potenza dei fiumi di vita, pensa alle dimensioni della citta’, alla storia, alla mummia, beve la birra ed e’ completamente spiazzato perche’ tutto questo, la mummia, la moltitudine, la storia, non e’ che una scemenza, niente di niente in confronto ad un’unica donna in un minuscolo paese in una terra lontana da tutto ma vicini all’inverno eterno e al buio soffocante, una terra che sarebbe completamente disabitata se una corrente calda dell’oceano non la lambisse. … Che senso avrebbe il mondo se lei non ci fosse, che cosa ce ne faremmo delle mummie, della storia, della gente, dell’aria azzurra? (283)
Sull’utilita’ e il danno della storia per la vita:
“Chi non sa sedersi sulla soglia dell'attimo, dimenticando tutto il passato, chi non sa stare ritto su un punto senza vertigini e paura come una dea della vittoria non saprà mai cos'è la felicità, e peggio ancora non farà mai qualcosa che rende felici gli altri." Nietzsche





I migliori: Cos'e' analogo al termine "fine del mondo" e Che senso avrebbe il mondo senza di lei?



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Wednesday, September 24, 2014

Il ponte di San Luis ReyIl ponte di San Luis Rey by Thornton Wilder
My rating: 3 of 5 stars

Ma il pensiero che colpi’ frate Ginepro fu un altro: “Perche’ e’ toccata a quei cinque?”. Se esiste nell’universo qualche piano, se nella vita umana v’e’ un disegno, certo lo si puo’ scoprire, misteriosamente latente, in quelle vite cosi’ improvvisamente trovate. O noi siamo vivi per caso, e per caso moriamo, o viviamo secondo un piano, e secondo un piano moriamo. (13)

La Natura e’ sorda. Dio e’ indifferente. Nulla di quanto l’uomo fa puo’ cambiare il corso delle leggi. Allora, a qualche angolo di strada, Dona Maria si fermava presa da un vortice di disperazione, e, appoggiatasi al muro, spasimava di uscire da un mondo che non ha alcun disegno. Ma tosto la fede nel grande Forse insorgeva dal piu’ profondo del suo essere, e si dirigeva verso casa di corsa, ... (44)

Vi risparmiero’ le deduzioni di frate Ginepro: le incontriamo ad ogni passo. Egli credette di vedere, nella grande catastrofe, i perversi colpiti dalla distruzione e gli innocenti chiamati giovani in Cielo. Gli parve di vedere l’orgoglio e la ricchezza confusi come un esempio al mondo, e gli parve di vedere l’umilta’ incoronata e ricompensata, a edificazione della citta’. Ma frate Ginepro non rimase soddisfatto delle sue ragioni. (132)




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Saturday, August 30, 2014

Dal Piave al crollo. L'agonia politica e militare dell'Impero degli AsburgoDal Piave al crollo. L'agonia politica e militare dell'Impero degli Asburgo by Edmund Glaise Horstenau
My rating: 4 of 5 stars

INDIVISIBILITER AC INSEPARABILITER

Ich bin gesund und es geht mir gut. (47)

Qualsiasi cosa potesse accadere sul fronte austriaco – fino a che la spada tedesca manteneva il suo filo, la monarchia danubiana poteva restarsene tranquilla anche di fronte alla piu' grave delle minacce! (55)

Gli italiani non avrebbero potuto in nessun caso rinunciare a quella vittoria che, dopo dodici gravi sconfitte, arrideva ora a loro grazie alla dissoluzione dell'impero degli Asburgo e del suo esercito. (101)

La “grande vittoria” contro un esercito che la sua stessa patria aveva ripudiato e nel quale soltanto un uomo ogni 8 o 10 era ancora disposto a combattere, era ormai fortunatamente ottenuta! (127)

Il modo con cui gli italiani sfruttarono gli effetti di questa confusione per dare dimensioni ancora maggiori alla loro “vittoria” non aveva poi nulla da spartire con il concetto tradizionale di cavalleria e magnanimita' che caratterizza i veri soldati. (145)

Lo sciagurato episodio dell'armistizio di Villa Giusti rappresento' il coerente epilogo della grande, profonda, impressionante tragedia di un esercito le cui tradizioni risalivano al medioevo, all'epoca degli ultimi cavalieri. Un esercito le cui bandiere avevano sventolato per centinaia d'anni e che anche nell'ultimo conflitto mondiale aveva mietuto nuovi allori su tutti i campi di battaglia d'Europa. Un esercito che, nonostante tutti i difetti e le colpe che in questo periodo era possibile ascrivergli, avrebbe certamente meritato un destino migliore. (148)

Chi rimane fedele ad una causa perduta viene umiliato solo se ne abbandona le fila, non se nel corso della battaglia la bandiera e' sfuggita di mano ai difensori ormai esausti. (159)

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Terrore odio amore e vendetta nel Veneto del 13. secoloTerrore odio amore e vendetta nel Veneto del 13. secolo by Benetti, Attilio
My rating: 4 of 5 stars

Eh caro, morte del gato, vita del rato! (25)

Volgendo lo sguardo a levante, vide la Stella Boara (il pianeta Venere), astro che indicava ai bovari quando dovevano alzarsi per governare i buoi. (30)

I boschi e le caverne erano abitati da spiriti che assumevano sembianze umane quando apparivano ai montanari. Gli animali di grossa taglia erano rappresentati dal Basilisco, dal Lupo, dall'Orso, dalla Volpe, dalla Lince, dal Cervo, dal Capriolo e dal Cinghiale.
Il basilisco, essere fantastico, era una grande lucertola, lunga piu' dell'altezza di un uomo, aveva corte ali e sul capo una grande cresta rossa come quella di un gallo. Sputava fuoco e fulminava una persona se lo fissava. Viveva nel folto dei boschi e, per fortuna, era un caso rarissimo incontrarlo. (54)

Il contastorie gli aveva spiegato che quella che sembra una macchia nera sulla luna e' in realta'un uomo condannato per i suoi peccati e tenere acceso un fuoco gettandovi sopra delle spinarelle con un forcone. (64)

Tutto il mondo dei viventi che avevano una vita diurna era all'opera: le talpe stavano scavando le loro gallerie sotterranee, gli scoiattoli eseguivano le loro acrobazie sugli alberi, le formiche si dipartivano dal formicaio e formavano lunghe file di andata e di ritorno, le api volavano di fiore in fiore, i ragni tessevano le tele, gli uccelli stavano covando le uova, senza poi tener conto delle numerose specie meno appariscenti. (113)

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The Ghost of Windy HillThe Ghost of Windy Hill by Clyde Robert Bulla
My rating: 4 of 5 stars

"Shut your eyes, Jamie. Now think of Windy Hill and tell me what you see."
"I see a big house on a high hill," he said, "where the wind comes in from the sea."
"And it's night and there are trees all around," she said. "There's tall grass in the yard. An old man is creeping through the grass - " (8-9)

"Windy Hill is not haunted. We can be sure of that already," said professor Carver. "If something mysterious happens here, it still won't mean there's a ghost in the house.A strange sound might be the wind. A strange sight might be someone playing a joke." (18)

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Friday, August 29, 2014

Girl in TranslationGirl in Translation by Jean Kwok
My rating: 4 of 5 stars

There’s a Chinese saying that the fates are winds that blow through our lives from every angle, urging us along the paths of time. (4)

Despite the cold, I was sweating. What if I ran into Mr. Bogart or one of the kids from my class recognized me? I’d never done anything similar before. Like any good Chinese girl, I’d always followed the rules and been glad to be praised by the teachers. But the only alternative was going into Mr. Bogart’s classroom again. I was learning about desperation. (35)

It was freezing during those days I played hooky in the apartment. After skipping school for almost a week, I saw my first snowfall. Flakes came slanting down from the sky and at first, the concrete sidewalk absorbed them like a sponge. I touched the window with my hands, amazed it was cold when it seemed to me that the falling rice should be warm, as if it were a soup. (40)

Ma put aside the skirt and sat down on a stool. She looked at me, “Don’t get too closed to the other children here. Ah-Kim, you must always remember this: If you play with them, learn to talk like them, act like them - what will make you different? Nothing. And in ten or twenty years, you’ll be doing precisely what the older girls are doing, working on the sewing machines in this factory until you’re worn, and when you are too old for that, you’ll cut thread like Mrs. Wu.” (44)

Even stuffed into my clothes, like a lump of sticky rice tied in bamboo leaves, I was still freezing. (49)

“Without my violin, I’d forget who I was.” (Ma) (108)

I did try to ask Ma about wildlife conservation when we had to read an article on it for classes.
“Why would anyone want to save animals like tigers?” she’d asked, baffled. She looked sad. “A baby in our old village in China was taken by one.” (120)

In a way I gave myself the excuse of not even trying to get close to the others because I knew I couldn’t be a part of their lives. I still had my responsibilities at the factory, but even without that, Ma wouldn’t have allowed me to go out anyway. That wasn’t what nice Chinese girls from her background did. (134)

“No, let’s meet earlier. I can get some bears,” Greg said.
While they discussed the logistic of their evening, my mind whirled. A show that started at midnight. And some bears? Then I realized he had to mean the alcoholic drink, beer. (134)

After the dusty, physical work of the factory, the scientific world created a clear and logical paradise where I could feel safe. Just for pleasure, I had started reading library books about subjects we’d touched upon in school: amino acids, mitosis, prokarytoes, DNA forensic, karyotyping, monohybrid crosses, endothermic reactions. And mathematics was the only language I truly understood. It was pure, orderly and predictable. It gave me great satisfaction to work on mathematical puzzles and forget about my real life at the apartment and factory. (158)

“Brains are beautiful,” I said. (213)

But sometimes our fate is different from the one we imagined for ourselves. (249)

‘A bamboo door needs a bamboo door and a metal door needs a metal door.’ (255)


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Thursday, August 28, 2014

La strada di San GiovanniLa strada di San Giovanni by Italo Calvino
My rating: 3 of 5 stars


Io non riconoscevo ne' una pianta ne' un uccello. Per me le cose erano mute. Le parole fluivano fluivano nella mia testa non ancorate a oggetti, ma ad emozioni fantasie presagi. E bastava un brandello di giornale calpestato che mi finiva tra i piedi ed ero assorto a bere la scrittura che ne sortiva mozza e inconfessabile - nomi di teatri, attrici, vanita' – e gia' la mia mente aveva preso il galoppo, la catena delle immagini non si sarebbe fermata per ore e ore mentre continuavo a seguire in silenzio mio padre, che additava certe foglie di la' da un muro e diceva: “Ypotoglaxia … (18-9)

Ma cio' che muoveva mio padre ogni mattina su per la strada di San Giovanni – e me giu' per la mia via – piu' che dovere di proprietario operoso, disinteresse d'innovatore di metodi agricoli, - e per me, piu' che le definizioni di doveri che via via mi sarei imposto -, era passione feroce, dolore a esistere – cosa se non questo poteva spingere lui a arrampicarsi per i gerbidi e i boschi e me a addentrarmi in un labirinto di muri e carta scritta? - confronto disperato con cio' che resta fuori di noi, spreco di se' opposto allo spreco generale del mondo. (22)

Cos'era stato dunque allora il cinema, in questo contesto, per me? Direi: la distanza. Rispondeva a un bisogno di distanza, di dilazione dei confini del reale, di veder aprirsi intorno delle dimensioni incommensurabili, astratte come entita' geometriche, ma anche concrete, assolutamente piene di facce e situazioni e ambienti, che col mondo dell'esperienza diretta stabilivano una loro rete (astratta) di rapporti. (52)

Continuo a scrutare nel fondovalle della memoria. E la mia paura di adesso e' che appena si profila un ricordo, subito prenda una luce sbagliata, di maniera, sentimentale come sempre la guerra e la giovinezza, diventi un pezzo di racconto con lo stile di allora, che non puo' dirci come erano davvero le cose ma solo come credevamo di vederle e di dirle. (70-1)

… dal fondo dell'opaco io scrivo, ricostruendo la mappa d'un aprico (a solatio) che e' solo un inverificabile assioma per i calcoli della memoria, il luogo geometrico dell'io, di un me stesso di cui il me stesso ha bisogno per sapersi me stesso, l'io che serve solo perche' il mondo riceva continuamente notizie dell'esistenza del mondo, un congegno di cui il mondo dispone per sapere se c'e'. (116)

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La tristezza degli angeliLa tristezza degli angeli by Jón Kalman Stefánsson
My rating: 4 of 5 stars



Mi chiese
cosa avrei portato su un'isola deserta
Una barca e te
dissi
e la barca la bruciamo sulla spiaggia
poi me ne andai
lasciandola li'
per tenermi il sogno (370)

Adesso sarebbe bello dormire finche' i sogni non diventano cielo, un cielo sereno e senza vento, qualche piuma d'angelo che scende volteggiando a terra, per il resto nient'altro che la beatitudine di chi vive ignorando se stesso. Ma il sonno fugge i defunti. Quando chiudiamo i nostri occhi fissi, sono i ricordi ad aggredirci, non il sonno. Prima arrivano isolati, e perfino piacevoli e argentei, poi pero' non tardano a mutarsi in una nevicata scura e soffocante, e cosi' e' da oltre settant'anni. Il tempo passa, la gente muore, il corpo sprofonda nella terra e altro non sappiamo. Del resto qui c'e' poco cielo, le montagne ce lo rubano, e le tempeste, amplificate da quelle stese cime, sono nere come la fine del mondo. Ma a volte quando il cielo si schiarisce dopo una tormenta, ci sembra di vedere la bianca scia degli angeli, lontano, al di sopra delle nubi e dei monti, sopra gli errori e i baci degli uomini, una scia bianca come la promessa di un'immensa beatitudine. (11)

Moriamo se non ascoltiamo quello che ci insegna l'esperienza, ma ammuffiamo dentro se vi prestiamo troppa attenzione. (27)

A che serve la poesia, se non ha il potere di cambiare il destino? Ci sono libri che ti distraggono, ma che non smuovono per niente le sorti profonde. Poi ci sono quelli che ti portano a dubitare, che ti danno speranza, che ampliano la visione del mondo e ti fanno conoscere la vertigine. Alcuni libri sono essenziali, altri ti distraggono. (31)

Molti preferiscono tacere quando la vita fa piu' male, spesso le parole sono solo pietre inerti, vestiti laceri e consunti. Possono anche essere erbacce, pericolosi portatori di infezioni, assi marce che non reggerebbero nemmeno il peso di una formica, figuriamoci la vita umana. Eppure, le parole sono una delle poche cose di cui disponiamo davvero, quando tutto sembra prendersi gioco di noi. Tienilo a mente. E tieni a mente anche una cosa che nessuno capisce: le parole piu' insignificanti e improbabili possono caricarsi inaspettatamente di un pesante fardello, e portare la vita in salvo, al di la' di vertiginosi baratri. (43)

Il destino del resto sa tessere legami inattesi, dobbiamo essergli riconoscenti, altrimenti troppe cose sarebbero prevedibili e l'aria che ci circonda conoscerebbe ben poco movimento, talmente poco che diventerebbe viziata e la vita ci apparirebbe sonnolenta e spenta. La sorpresa, le cose inaspettate sono forze fisiche che mettono in movimento l'aria e caricano la vita di elettricita'; (45-6)

Si capisce meglio il mondo conoscendo molte lingue, ed e' cosi' importante capire? (54)

Allora e' questa, la vita, l'esistenza di cui sentiva sempre la mancanza senza nemmeno conoscerla; immergersi nell'ignoto e nell'incomprensibile per farne ritorno con un grappolo di parole che sono tutte insieme, legna da ardere, fiori e coltelli? Il silenzio copre ogni cosa, c'e' solo la neve che cade e quelle parole che contengono qualcosa di misterioso, un messaggio per il mondo. (58)

sulle lacrime che sono pesci trasparenti (77)

Le parole scritte possono avere piu' profondita' di quelle pronunciate, quasi come se la carta liberasse dei mondi sconosciuti da un incantesimo. La carta e' il terreno fertile delle parole. (84)

A che serve, d'altra parte, dire il nome a voce alta se nessuno ascolta? Alcuni parlano e parlano, abbelliscono la propria esistenza con le parole e ci danno la sensazione che la loro vita sia in un certo senso piu' importante, e migliore, ma forse sono proprio quelle le vite che svaniscono nel nulla appena le parole cessano di ronzare. (85)

Diamo un nome alle cose per preservarci dall'irrazionale e abbracciare il mondo... (105)

Gisli si sporge in avanti nella sedia, s'intravede un libro rilegato di blu nella tasca interna della giacca del direttore della scuola, che non esce mai di casa se non ha almeno un libro con se' per preservarsi dal fastidio del mondo. (112)
(forse Autadafe' di Canetti)

Quanto tempo vive un essere umano, in fin dei conti, quante ore limpide ha a disposizione, quante volte vive con la stessa intensita' della corrente elettrica, tanto da illuminare il mondo? L'uccello canta, il verme si contorce nella terra perche' la vita non soffochi e tu maledici i lunedì, maledici i martedì, le opportunita' scemano e schizzano sullo scintillio argentato dentro di te. (139-40)

All'inizio cercavamo rifugio nell'amarezza, poche cose sanno nutrire bene quanto l'amarezza, che ti alimenta e ti rode e ti macera fino a spezzarti in due, poi abbiamo tentato di consolarci con la malignita', godendoci lo spettacolo della tua vita, gli errori, gli sprechi, le tue sconfitte eterne davanti alla cupidigia. L'amarezza e la malignita', che cos'atro abita nello sputo del demonio, se non queste due sorelle? Un giorno ti racconteremo che cosa e' accaduto, come siamo riusciti a lavarci da quello sputo, ti diremo di quando si e' aperta una breccia che sembra un passaggio tra noi e te. Forse e' solo un'illusione, ma e' attraverso questa fessura che sussuriamo poesie e storie, gioia e sconforto, speranza e disperazione. (140)

I vestiti asciutti, la donna li ha stesi sulla canna fumaria e sul focolare, si chiama Maria, come la madre di Gesu' che pare abbia liberato l'umanita', anche se in questo momento il genere umano non sembra particolarmente libero – chi ci avra' incatenati di nuovo? (169)

Ci sono poche cose di cui ci possiamo fidare in questo mondo, gli dei hanno l'abitudine di tradirci e gli uomini ancora di piu', ma la terra non inganna, puoi chiudere gli occhi senza alcuna esitazione e avanzare di un passo, lei ti riceve, ti accoglie, ti proteggero' io, dice, e per questo la chiamiamo madre. (187)

La poesia uccide, ti dona ali, le agiti un po' e ti accorgi di avere catene. Ti apre mondi nuovi, e poi ti riporta brutalmente indietro, nella tormenta, nello squallore del quotidiano. (257)

La vita e' talmente multiforme da essere quasi ridicola, assurda, al di la' del dicibile, e' molto piu' ragionevole fischiettare piacevolmente un'aria piuttosto che cercare di descriverla a parole. (284)

Diavolo, ragazzi, ma uno viene al mondo in questa vita di merda solo per morire? (350)



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Thursday, July 31, 2014

Montagne di una vitaMontagne di una vita by Walter Bonatti
My rating: 4 of 5 stars

La montagna, fin dall’inizio, e’ stato l’ambiente piu’ congeniale alla mia formazione. Mi ha consentito di soddisfare il bisogno innato che ha ogni uomo di misurarsi e di provarsi, di conoscere e di sapere. Cosi’, impresa dopo impresa, lassu’ mi sono sentito sempre piu’ vivo, libero, vero: dunque realizzato. Nella mia vita di scalatore ho sempre obbedito alle emozioni, all’impulso creativo e contemplativo. Ma fu soprattutto praticando l’alpinismo solitario che ho potuto entrare in sintonia con la Grande Natura, e ancor piu’ a fondo ho potuto intuire i miei perche’ e i miei limiti. (7)

A esclusione della domenica, che regolarmente trascorrevo in montagna sia col bello sia col brutto tempo, tutti gli altri giorni furono per me ugualmente insignificanti, fatti delle stesse cose ripetute nel medesimo modo, e nell’immutabile ambiente. Quanto banale e triste e’ vivere cosi’. E pensare che la maggior parte degli uomini d’oggi vi e’ quasi costretta. Ma, cosa ancora peggiore, chi lo sceglie poi se ne mostra vittima. (51)

Sentivo di amare la montagna per i suoi paesaggi solenni, per le lotte ingaggiate con i picchi, per le emozioni e i ricordi che ne derivavano; ma forse l’amavo ancora di piu’ per quel senso di liberta’ e di gioia di vivere che solo lassu’ sui monti riuscivo a trovare. (67)

In quell’allucinante ritorno vi fu un momento magico, al tramonto, che riusci’ a distrarci dall’incubo della fame.
La turbolenta catena antistante, verso cui marciavamo, arrosso’; e da quel momento un caleidoscopio di toni caldi, dal rosso all’indaco, muto’ progressivamente su un arco compreso tra il Cordon Marconi e il Cordon Adela. Al centro del quadro invece, di fianco alla mole indorata del Fitz Roy, il grande disco purpureo della luna continuo’ a navigare alto nel cielo via via piu’ violetto. Infine, spentosi il crepuscolo, tutto, anche dentro di noi, ritorno’ grigio e terribilmente irragiungibile. (166-7)

Non avrei mai intrapreso la scalata del Pilastro Rosso sapendo che mi avrebbe riservato tanti problemi. Ma neppure l’avrei tentata se il Pilastro non mi fosse apparso tanto attraente e misterioso. Parra’ strano, ma e’ su questo pensiero che si regge quasi sempre la logica dell’avventura alpinistica. (186)

Mentre caliamo silenziosi lungo il piccolo sentiero imbiancato di neve, penso alla montagna com’era nel giorno della nostra partenza, inondata di sole, di colori, di vita. Com’e’ tutto diverso ora, e quanto sbiadite appaiono anche le nostre speranze di appena tre giorni fa. Eppure gia’ pensiamo di ritentare il Pilastro Rosso. (197)

La verita’ comunque, piaccia o no, e’ che lassu’ sul Pilone dove tutti e sette fummo uomini e fratelli, e dove una sorte accanita ci aveva isolati dal mondo in una trappola mortale, ma anche dove nessun altro seppe portarci soccorso se non all’epilogo del dramma, io ero semplicemente sopravvissuto. Perche’, forse piu’ degli altri, non avevo voluto ne’ potuto lasciarmi morire. (239)

D’inverno la parete nord delle Jorasses ha la prerogativa di non lasciare mai intravedere all’orizzonte un minimo segno di vita. Quassu’ non giunge altro suono che quello della bufera, altro movimento se non quello delle tempeste e delle valanghe. (267)

Ma ecco che il pinnacolo su cui avanziamo perde verticalita’, si restringe, si corica, diventa vetta.
Sopra di noi non c’e’ piu’ niente. Cosi’, quasi inaspettatamente, ci accorgiamo di essere arrivati. (293)

Arrivare sulla punta di una bella montagna, tanto piu’ se ancora intoccata, e’ sempre un fatto emozionante. Tuttavia si finisce per banalizzarlo con una serie di atteggiamenti cui e’ difficile sfuggire. Il primo e’ quello di scattare le rituali fotografie-ricordo con tutte le varianti: a te, poi a me, a voi, a tutti noi insieme eccetera. Nel frattempo, soltanto con distrazione ci si cura di svolgere lo sguardo attorno, e si fa quasi unicamente se indotti da qualche contingenza: scongiurare un pericolo, prevenirne un altro, commentare uno stato d’animo, quasi sempre un timore di qualcosa che si sta preparando. Per sentire veramente la vetta raggiunta e poterne vivere tutta l’emozione, bisogna esaurire i luoghi comuni e sfuggire a ogni distrazione. E’ molto piu’ facile in solitudine. (353)

Ora dovro’ scendere a valle, verso la cosiddetta normalita’, vale a dire nella realta’ della vita in cui ci si consuma a rincorrersi, senza capirci niente. Credo proprio, lo penso anche in questo momento, che per svelare a noi stessi l’assurdita’ del vivere quotidiano, non esistano punti d’osservazione migliori di questi luoghi, che forse rimarranno incontaminati. Da quassu’ il mondo degli uomini altro non sembra che follia, grigiore racchiuso dentro se stesso. E pensare che lo si reputa vivo soltanto perche’ e’ caotico e rumoroso. (357)

I migliori:
Pilastro sud-ovest del Dru (1955)
Natale sul Monte Bianco (1956)


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Friday, July 25, 2014

Paradiso e infernoParadiso e inferno by Jón Kalman Stefánsson
My rating: 4 of 5 stars

Paradiso e inferno e’ una storia di mare, ambientata in un tempo abbastanza remoto, nel quale gli uomini sono ancora quello che per millenni sono sempre stati. Le loro usanze, i loro utensili, le loro parole non sono ancora entrati nel gorgo distruttivo della modernita’, che rende tutto deperibile e sostituibile. (dalla Postfazione di Emanuele Trevi, pp. 236-7)

Eppure un paio di cose sulla vita le sappiamo, e anche sulla morte, e possiamo dirle: abbiamo fatto tutta questa strada per incantarti e per smuovere il destino. (p. 11)

Il mare e’ blu, freddo e mai calmo, un mostro gigantesco che inspira, quasi sempre ci sostiene, ma qualche volta no e cosi’ noi affoghiamo; la storia dell’uomo non e’ poi tanto complicata. (p. 17)

Sigurdur vende medicinali e libri nello stesso negozio, i libri sono talmente impregnati dell’odore di farmaci che sicuramente stiamo bene o guariamo al solo annusarli, e poi dicono che non e’ sano leggere libri. (p. 24)

Or scende la sera
a deporre il manto
greve d’ombre
su ciascuna cosa,
la scorta il silenzio
e gia’ s’acquatta
la bestia in terra
l’uccello nel nido
al riposo notturno. (p. 41)

Ci sono parole che hanno il potere di cambiare il mondo, capaci di consolarci e di asciugare le nostre lacrime. Parole che sono palle di fucile, come altre sono note di violino. Ci sono parole che possono sciogliere il ghiaccio che ci stringe il cuore, e poi si possono anche inviare in aiuto come squadre di soccorso quando i giorni sono avversi e noi forse non siamo ne’ vivi ne’ morti. Ma le parole da sole non bastano e finiamo a perderci nelle lande desolate della vita se non abbiamo nient’altro che una penna cui aggrapparci. Or scende la sera a deporre il manto greve d’ombre su ciascuna cosa. (p. 66-7)

… e una giubba decente e’ mille volte meglio e piu’ importante di tutte le poesie del mondo. (p. 72)

Qualche volta percepiamo un flebile rumore nella quiete notturna, semplici suoni frammentati che sembrano venire da molto lontano. E’ Dio, esclamiamo allora felici, e’ il suono che si sente quando Dio viene a prendere chi ha atteso abbastanza a lungo e non ha mai perso la speranza. Questo diciamo e siamo ottimisti, non ancora del tutto prostrati. Ma forse non e’ Dio, forse e’ solo qualcuno sottoterra che si e’ portato un carillon e lo fa girare quando ne ha voglia. … L’essere umano e’ comunque uno strano meccanismo, da vivo come da morto. Quando deve affrontare momenti di grande difficolta’, quando la sua esistenza va in pezzi, convoca automaticamente la memoria, va a frugare nei ricordi e si mette a rivedere la sua vita come un animaletto che si rifugia nella sua tana. (p. 107)

Ma la realta’ non ti permette mai di allontanarti troppo, non le sfuggi’ per un attimo, ha in suo potere i vivi come i morti ed e’ quindi una questione di salute mentale, di inferno o paradiso, rendere la realta’ un posto migliore. (p. 144)

Fara’ mai davvero giorno, ai piedi di una tale montagna? Il ragazzo indietreggia involontariamente dalla finestra, la chiude, la stanza si e’ raffreddata in fretta, piu’ che altro avrebbe voglia di infilarsi di nuovo a letto, coprirsi la testa con la trapunta per il resto della vita, perche’ che cosa gli riserva il futuro a parte respirare, mangiare, andare regolarmente in bagno, leggere libri, rispondere a chi gli rivolge la parola? Per cosa si vive? Prova a pronunciare la frase a voce alta, come se lo stesse chiedendo a Dio o magari a quella bella poltrona, ma visto che ne’ Dio ne’ la poltrona sembrano intenzionati a rispondergli, si mette a pensare ai libri di Kolbeinn. (p. 148)

… a volte bisogna che un mondo vada distrutto, perche’ ne possa nascere un altro. (p. 190)

Sono stati smarriti per le strade di questo paese il senso della vita, il ristoro del sonno, la felicita’ di coppia, il mio sorriso e ogni mio slancio. Chi li trovasse e’ pregato di riconsegnarli alla tipografia, lauta ricompensa. (p. 192)

L’uomo e’ una creatura strana. Lotta contro le forze della natura, trionfa su difficolta’ apparentemente insormontabili, e’ il signore della terra, eppure ha cosi’ poco comando sui propri pensieri come sui baratri che coprono, che cosa alberga in quegli abissi, come si forma, da dove viene, ubbidisce a delle leggi oppure l’uomo attraversa la propria esistenza con un letale caos dentro di se’? (p. 199-200)

… forse l’inferno e’ una biblioteca e tu un cieco (p. 210)
Borges

Le parole possono avere il potere dei troll e possono abbattere gli dei, possono salvare la vita e annientarla. Le parole sono frecce, proiettili, uccelli leggendari all’inseguimento degli dei, le parole sono pesci preistorici che scoprono un segreto terrificante nel profondo degli abissi, sono reti sufficientemente grandi da catturare il mondo e abbracciare i cieli, ma a volte le parole non sono niente, sono stracci usati dove il freddo penetra, sono fortezze in disuso che la morte e la sventura varcano con facilita’. (p. 215)

Che cos’e’ la vita? Forse la risposta e’ implicita nella domanda, nello stupore che cela in se’. La luce vitale si affievolisce per trasformarsi in tenebra quando smettiamo di stupirci, smettiamo di interrogarci e quando prendiamo la vita come una qualsiasi faccenda quotidiana? (p. 225)





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