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Saturday, April 30, 2016

Review: Essere senza destino

Essere senza destino Essere senza destino by Imre Kertész
My rating: 4 of 5 stars

… non esiste assurdita’ che non possa essere vissuta con naturalezza e sul mio cammino, lo so fin d’ora, la felicita’ mi aspetta come una trappola inevitabile. (220)

Il racconto migliora dalla seconda meta’ in poi dove l’introspezione prevale al macigno della realta’ del campo.

In ogni caso avevo l’impressione di giacere cosi’ da molto tempo e me ne stavo semplicemente in pace, leggero, senza curiosita’, colmo di pazienza, nel punto dove mi avevano depositato. Non sentivo ne’ il freddo ne’ il dolore, e anche il fatto che una precipitazione pungente, di pioggia mista a neve, mi bagnasse la faccia, veniva recepito non tanto dalla mia pelle quanto piuttosto dal mio intelletto. (157)

Altri brani:
A un tratto non sapevo piu’ dove avevo la testa e ricordo soltanto che per tutto quel tempo mi veniva quasi da ridere, da un lato per lo stupore, l’imbarazzo e per l’impressione di trovarmi improvvisamente in una commedia dell’assurdo senza conoscere la parte che dovevo recitare… (51)

Sono venuto a sapere che e’ auspicabile imparare al piu’ presto a pronunciare in modo chiaro e comprensibile questo numero, cosi’: “Vier-und-sechzig, neun, ein-und-zwanzig”, perche’ d’ora in poi questa sarebbe sempre stata la mia risposta, ogni volta che qualcuno mi avesse chiesto chi fossi. (107)

… neppure i muri opprimenti di una prigione possono frenare il volo dell’immaginazione. (134)

… se esiste un destino, allora la liberta’ non e’ possibile; se pero’ … la liberta’ esiste, allora non esiste un destino, il che significa … che noi stessi siamo il destino… (218)


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Tuesday, April 26, 2016

Review: Il libro degli animali

Il libro degli animali Il libro degli animali by Mario Rigoni Stern
My rating: 4 of 5 stars

Quando gli animali sorprendono gli umani con la loro magia.

Alcuni brani:
Questi cani possono essere bianchi e neri, o bianchi o neri, o fulvogrigi; hanno occhi verdiazzurri o marrone, orecchie appuntite e diritte, coda fioccosa portata alta; testa eretta, con le caratteristiche macchie come una cuffia sul capo, oppure a occhiale. Hanno sempre nomi di stelle o di costellazioni, e vanno con l’uomo nel silenzio del Grande Nord come le stelle da sempre vanno per i cieli. (16)

Venite! Venite a vedere: li’ in quello spiazzo c’e’ un capriolo appena nato. Venite ad aiutarmi! (47)

La mattina venne limpidissima che potevi contare gli alberi sulle creste dei monti lontani. (50)

Da sempre l’estate e’ per me la stagione meno appariscente e la piu’ neutra: e’ come se dopo l’esplosione della primavera e lo slancio della linfa per i vegetali e quello dell’amore per gli animali, succedesse una sosta, un riposo, una stanca meditazione. L’estate e’ anche povera di colori: il bosco e’ uniforme, i prati sono uniformi; l’aria, finita la fienagione, non ha profumi determinanti le ore della giornata; gli uccelli hanno quasi sospeso i loro canti; i suoni sono quelli violenti dei temporali o quelli rumorosi dei turisti. (68)



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Saturday, April 23, 2016

Review: Viaggio in Oriente

Viaggio in Oriente Viaggio in Oriente by Gérard de Nerval
My rating: 4 of 5 stars

MI MISI A CERCARE IN CIELO UNA STELLA, CHE MI SEMBRAVA DI CONOSCERE, COME SE AVESSE QUALCHE INFLUENZA SUL MIO DESTINO.
(Aurelia) (nota 246)

Desireless - Voyage voyage

Nerval va a zonzo nel Medio Oriente e ci racconta il suo viaggio che, a dire il vero, mi aspettavo con descrizioni piu’ ricche di immagini (immaginifico?).

Le descrizioni piu’ belle sono i travisamenti della realta’ dei luoghi del viaggio mediati attraverso la memoria di libri letti da Nerval su quei luoghi.
Rincorrendo Proust: vale piu’ la memoria o la realta’? Il reale diventa memoria l’istante successivo del momento vissuto e pare che non ci sia mai realta’!

Alcuni brani:
Da Fenimore Cooper a John Ford, il Far West incarna la moderna epopea del viaggio verso Occidente. Il suo momento forte, tutto iscritto nel saldo ottimismo puritano, e’ il tranquillo possesso di un bene: il mito del Far West, alla cui radice sta l’inquietudine della mancanza, il desiderio di cieli e cose nuove, e’ un mito borghese, appena corretto da vaghe reminiscenze cristiane. …
Il viaggio in Oriente e’ da sempre un itinerario a ritroso, una discesa, un lento scivolare che non ha mete da raggiungere e non vuole niente. (Bruno Nacci, VII)

A partire da Chateaubriand il viaggio in Oriente e’ una sorta di pellegrinaggio laico che, almeno una volta nella vita, bisogna affrontare: in fondo si sa gia’ quello che riserva, niente di piu’ e niente di meno di quanto e’ gia’ ben custodito nello scaffale della biblioteca o in quello, polveroso e robusto, del cuore. (Bruno Nacci, IX)

E’ davvero una sensazione dolorosa, quanto piu’ ci si spinge lontano, quella di perdere, citta’ dopo citta’, paese dopo paese, quel bell’universo che ci si e’ creati da giovani attraverso letture, quadri e sogni. Il mondo che si forma in questo modo nella testa dei ragazzi e’ cosi’ ricco e bello, che non si sa se sia il frutto esagerato di quello che abbiamo appreso, o il ricordo di un’esistenza precedente, la magica geografia di un pianeta sconosciuto. (18-9)

Ecco il mio sogno… ed ecco il mio risveglio! Il cielo e il mare sono sempre la’; il cielo d’Oriente, il mare Ionio si scambiano ogni mattino un sacro bacio d’amore; ma la terra e’ morta, morta sotto la mano dell’uomo, e gli dei se ne sono andati! (59)

Il nero sole della malinconia, che versa scuri raggi sulla fronte dell’angelo sognante di Albert Duerer, a volte si alza anche sulle pianure luminose del Nilo, come sulle rive del Reno in un freddo paesaggio tedesco. (121)

O natura! Bellezza, ineffabile grazia delle citta’ orientali costruite sulle rive del mare, cangianti quadri della vita, spettacolo delle piu’ belle razze umane, dei costumi, delle barche, dei vascelli che s’incrociano sui flutti azzurri, come ritrarre l’impressione che causate in ogni sognatore, e che tuttavia e’ solo la realizzazione di un sentimento previsto? Tutto cio’ e’ gia’ stato letto nei libri. Lo si e’ ammirato nei quadri… ma cio’ che ci sorprende, e’ di trovarlo ancora cosi’ simile all’idea che ce ne siamo fatti. (272)

Niente aggiunge forza a un amore nascente come le circostanze inattese che, per poco importanti che siano, sembrano indicare la volonta’ del destino. Fatalita’ o provvidenza, sembra veder affiorare sotto la trama uniforme della vita certe linee tracciate da un padrone invisibile che indica la rotta da seguire se non ci si vuole perdere. (316)

In fondo, - gli dicevo, - il Corano, non e’ che un riassunto dell’Antico e del Nuovo Testamento redatti in altri termini e a cui sono state aggiunte prescrizioni in sintonia con il clima. (359)

Riguadagno il paese del freddo e delle tempeste, e gia’ l’Oriente per me non e’ che uno di quei sogni del mattino, a cui succedono in breve giorni noiosi. (557)


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Saturday, April 2, 2016

Review: Storie dall'Altipiano

Storie dall'Altipiano Storie dall'Altipiano by Mario Rigoni Stern
My rating: 5 of 5 stars

STORIA DI TONLE (*****)

Il realismo integrale di Mario Rigoni Stern non conosce la distinzione fra interiorita' ed esteriorita' perche' il visibile a tutti esiste, senza inganni e falsificazioni, quindi non va truccato. (Eraldo Affinati, xxv)

La canzone si sgranava dolcemente e sommessamente, mentre i mulinelli e gli aspi ronzavano come api e muovevano l'aria calda della stalla come fosse primavera. (27)

"I giornali dicono" gli rispose Stefano "che bisogna liberare Trento e Trieste e i nostri fratelli che sono al di la' della frontiera."
Tonle guardo' oltre la linea dei monti che segnavano il confine e le sue pecore che pascolavano tranquille, poi crollo' il capo e rispose solo: "Mah". (48)

Tutta la casa era diventata silenziosa e i ragazzi tacevano e la nuora si muoveva in cucina senza alcun rumore, tanto che si distingueva fino in camera il sussurrare del fuoco sul focolare. Tonle continuava a guardare quel viso e le mani ora posate sulla coperta e si rendeva conto del tempo e della vita che era corsa via... (50)

L'ANNO DELLA VITTORIA (****)

Matteo e suo padre guardavano con il cuore stretto, senza parlare: quelle per loro non erano solamente macerie ma la fine di un mondo, di un paese e di un costume che erano iniziati quando i nostri antenati scelsero per vivere questa terra che nessuno voleva perche' isolata, scomoda da raggiungere e selvaggia, ossia coperta da folti selve. Forse queste cose i due non le sapevano per istruzione ma le sentivano d'istinto perche' erano parte di queste macerie di case, di questi boschi senza piu' alberi vivi, di questi pascoli senza erba. (148)

E non dimenticheremo mai come voi non dimenticherete i giorni qui passati insieme, perche' il saldo vincolo di fratellanza che ci unisce, fu riconsacrato nei giorni piu' oscuri della sventura e nei giorni piu' radiosi della vittoria. (154)

"Senta, io ho fatto tutta la guerra in prima linea seza carte bollate e certificati. Non potrei avere per intanto, s'intende pagando, qualche quintale di cemento, calce e vetri? Al resto si penserebbe noi". (167)

In quel pomeriggio il nonno dalla finestra della cicuna osservava il tramonto del sole; chiamo' a se' la piccola Nina e la prese in braccio: "Osserva il sole, non tramonta piu' aldila' di quella punta di montagna, ma aldiqua'. Andiamo verso la primavera". (244)

LE STAGIONI DI GIACOMO (***)

Sono entrato dopo aver bussato e chiesto permesso. Il silenzio e la penombra erano carichi di ricordi che sembravano chiedere la parola. (251)

Giacomo ando' verso la scala dove aveva appesa la sacchetta di scuola. Prese il libro e ritorno' accanto al fuoco. L'aperse sotto il lume e incomincio' a leggere, ... "Il nostro popolo aveva compreso che era giunta l'ora di strappare al giogo austriaco le terre irredente e con vibrante entusiasmo aveva chiesto che si dichiarasse guerra all'Austria..." (287)

Non e' mica la strada dell'orto andare in Australia! (296)

Ist pezzort lazzen de bolla, bedar de oba. (390)

QUOTA ALBANIA ( )

IL SERGENTE NELLA NEVE ( )

ANDAVO SOLO, CON I RICORDI CHE PREMEVANO SUL CUORE, PONENDOMI MOLTI PERCHE’. MI ACCOMPAGNAVANO GLI SPIRITI DEGLI AMICI CHE NON SONO RITORNATI A BAITA. “PERCHE’ MI AVETE LASCIATO SOLO?” CHIEDEVO. MA LORO ERANO BENEVOLI, SORRIDEVANO: “NOI SIAMO SEMPRE CON TE. NON DEVI AVERE RIMORSI PER ESSERE ANCORA VIVO. RACCONTA, FAI SAPERE”. (Storie dall’Altipiano, p. 1634)


DIURNISTA DI TERZA CATEGORIA (****)

Per scrivere ai Superiori Uffici avevamo una vecchia Invicta che faceva il rumore di una mitragliatrice. (1096)



STORIE NATURALI (****)

Andò per dormire sotto la coltre di piume, il cane accucciato in capo al letto; ma non gli riusciva di prendere sonno perché i ricordi e i discorsi e il vino lo avevano immerso in un mondo unico: sentiva il silenzio e il tempo che fluivano tra le montagne e le stelle, i muggiti di una vacca che stava partorendo, un cane abbaiare lontano, il torrente tra i sassi, giù, nella forra sotto la locanda. (1131)

Prima di mezzogiorno tornava alla locanda e un buon odore di polenta e di minestrone gli faceva da sentiero. (1133)

Quasi sempre, durante la sua vacanza, veniva la pioggia; una pioggia sottile e continua che del cielo, del paese, del bosco, di lui, di tutto insomma, faceva una unica malinconica cosa. La sentiva arrivare nella notte, battere sui tetti d’ardesia, gorgogliare nelle grondaie di legno: allora si lasciava invadere da una sottile dolcezza che lo discioglieva. Gli sembrava di essere anche lui terra di bosco, humus che la pioggia fecondava. (1134)

Quando le nuvole salgono lungo le valli lasciando brandelli sui rami scuri degli abeti e su quelli dorati dei larici, e poi ancora salgono per le coste nude dei monti più alti e si aggrappano alle rocce, e quando le betulle hanno riversato sulla terra il miele delle foglie e le beccacce riprendono il volo dopo la sosta ottobrina, allora, sul fare del giorno si può sentire il canto autunnale del fagiano di monte. Anche lui è restato con pochi altri a farci compagnia dopo che i turisti, i cercatori di funghi, i boy-scout, i motocrossisti se ne sono andati ed è ritornato l’antico silenzio. (1146)

“Sette volte bosco
Sette volte prato
Poi tutto tornerà
Com’era stato”.
Cantano gli gnomi dentro la montagna dove scavano i diamanti. (1188)

Anticamente, per chi profanava un bosco sacro in certi casi c’era la pena di morte perché dagli alberi erano nati gli dei e gli uomini… (1194)

Presso i greci il pino silvestre era il simbolo della verginità e per questo dedicato a Diana; ma anche a Pan in memoria di una fanciulla da lui amata e insidiata che Borea spinse sulle montagne e fece precipitare da una roccia. La Terra pietosa la trasformò in pino e quando Pan sentiva il soffio di Borea non cessava mai di piangere. Le gocce di ragia che il pino geme sono le lacrime della fanciulla amata. (1208-9)

Questa usanza di piantare alberi sulle tombe si manifestava nei popoli antichi perché sapevano che il corpo disciolto e decomposto in umori veniva assorbito dalle radici e che la materia si sarebbe vivificata negli alberi continuando così, per anni e per secoli, a testimoniare l’affetto e la memoria ai posteri. (1273)

STORIE DALL’EST

Di soppiatto avevo messo sulla tomba di Esenin un mazzetto di mughetti che per un rublo avevo comperato da una vecchia alla porta del cimitero: era questa la mia riconoscenza per un poeta che al ritorno dalla guerra mi aveva aiutato a vivere. Ora seguivo attentamente i suoi versi recitati in russo e ne afferravo il senso e la musica. Capivo che stavano declamando Confessioni di un malandrino e le parole cadevano sugli alberi del cimitero come pioggia di primavera: “Sono malato d’infanzia e di ricordi / e di freschi crepuscoli d’aprile…”. (1352)

STORIE DALL’ALTIPIANO

D’inverno, ogni domenica sera, era qui che si riunivano le donne e i ragazzi del parentado per giocare a tombola, e la prozia faceva per tutti il dolce vino brule’ con la cannella. Il mio angolo serale, pero’, era il focolare della cucina: era qui che mi asciugavo i vestiti e le scarpe dopo aver passato il pomeriggio a giocare nella neve. Mi divertivo a battere sui tizzoni per vedere le faville salire a gruppi, fitti fitti su per il camino, o a cuocere le patate sotto la cenere, o ad ascoltare le storie che mi raccontavano i famigli. (1430)

Oggi, dopo anni di lavoro, una casa me la sono disegnata e costruita; ed e’ semplice come un’arnia per api: comoda e tiepida; silenziosa ai rumori molesti che sono lontani e vicina ai rumori della natura; con finestre che guardano lontano, le cataste di legna sulle mura al sole e, oggi, con la neve sul tetto, sulle betulle e sugli abeti del brolo, sulle arnie, sul canile. E dentro nel tepore mia moglie, i miei libri, i miei quadri, il mio vino, i miei ricordi… (1432)

Oggi piove sul tetto e sugli alberi, sui pascoli, e sopra i 1300 metri il bosco si imbianca; eppure, aprendo la finestra della mia stanza per ascoltare la voce della pioggia, mi e’ giunto dal bosco il canto di un tordo. E’ bella la sua voce, melodiosa e flautata, forse la piu’ bella da ascoltare con la prima luce del giorno e l’ultima della sera. Bentornato Turdus philomelos, parente dell’usignolo, che dai tanta dolce malinconia al bosco primaverile. (1593)

Come me, hanno tollerato la vista
Di Medusa, che non li ha impietriti.
Non si sono lasciati impietrire
Dalla lenta nevicata dei giorni.
(1630, poesia di Primo Levi)

Verra’, verra’ il caro scricciolo sulla catasta di legna ad annunciarmi la prima neve come quando ero ragazzo con il suo tictictic ripetuto piu’ volta, e il suo campanellino nascosto nella gola si sentira’ anche lassu’ dove le nuvole compatte e bianche aspettano il segnale. (1663)






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