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Friday, July 25, 2014

Paradiso e infernoParadiso e inferno by Jón Kalman Stefánsson
My rating: 4 of 5 stars

Paradiso e inferno e’ una storia di mare, ambientata in un tempo abbastanza remoto, nel quale gli uomini sono ancora quello che per millenni sono sempre stati. Le loro usanze, i loro utensili, le loro parole non sono ancora entrati nel gorgo distruttivo della modernita’, che rende tutto deperibile e sostituibile. (dalla Postfazione di Emanuele Trevi, pp. 236-7)

Eppure un paio di cose sulla vita le sappiamo, e anche sulla morte, e possiamo dirle: abbiamo fatto tutta questa strada per incantarti e per smuovere il destino. (p. 11)

Il mare e’ blu, freddo e mai calmo, un mostro gigantesco che inspira, quasi sempre ci sostiene, ma qualche volta no e cosi’ noi affoghiamo; la storia dell’uomo non e’ poi tanto complicata. (p. 17)

Sigurdur vende medicinali e libri nello stesso negozio, i libri sono talmente impregnati dell’odore di farmaci che sicuramente stiamo bene o guariamo al solo annusarli, e poi dicono che non e’ sano leggere libri. (p. 24)

Or scende la sera
a deporre il manto
greve d’ombre
su ciascuna cosa,
la scorta il silenzio
e gia’ s’acquatta
la bestia in terra
l’uccello nel nido
al riposo notturno. (p. 41)

Ci sono parole che hanno il potere di cambiare il mondo, capaci di consolarci e di asciugare le nostre lacrime. Parole che sono palle di fucile, come altre sono note di violino. Ci sono parole che possono sciogliere il ghiaccio che ci stringe il cuore, e poi si possono anche inviare in aiuto come squadre di soccorso quando i giorni sono avversi e noi forse non siamo ne’ vivi ne’ morti. Ma le parole da sole non bastano e finiamo a perderci nelle lande desolate della vita se non abbiamo nient’altro che una penna cui aggrapparci. Or scende la sera a deporre il manto greve d’ombre su ciascuna cosa. (p. 66-7)

… e una giubba decente e’ mille volte meglio e piu’ importante di tutte le poesie del mondo. (p. 72)

Qualche volta percepiamo un flebile rumore nella quiete notturna, semplici suoni frammentati che sembrano venire da molto lontano. E’ Dio, esclamiamo allora felici, e’ il suono che si sente quando Dio viene a prendere chi ha atteso abbastanza a lungo e non ha mai perso la speranza. Questo diciamo e siamo ottimisti, non ancora del tutto prostrati. Ma forse non e’ Dio, forse e’ solo qualcuno sottoterra che si e’ portato un carillon e lo fa girare quando ne ha voglia. … L’essere umano e’ comunque uno strano meccanismo, da vivo come da morto. Quando deve affrontare momenti di grande difficolta’, quando la sua esistenza va in pezzi, convoca automaticamente la memoria, va a frugare nei ricordi e si mette a rivedere la sua vita come un animaletto che si rifugia nella sua tana. (p. 107)

Ma la realta’ non ti permette mai di allontanarti troppo, non le sfuggi’ per un attimo, ha in suo potere i vivi come i morti ed e’ quindi una questione di salute mentale, di inferno o paradiso, rendere la realta’ un posto migliore. (p. 144)

Fara’ mai davvero giorno, ai piedi di una tale montagna? Il ragazzo indietreggia involontariamente dalla finestra, la chiude, la stanza si e’ raffreddata in fretta, piu’ che altro avrebbe voglia di infilarsi di nuovo a letto, coprirsi la testa con la trapunta per il resto della vita, perche’ che cosa gli riserva il futuro a parte respirare, mangiare, andare regolarmente in bagno, leggere libri, rispondere a chi gli rivolge la parola? Per cosa si vive? Prova a pronunciare la frase a voce alta, come se lo stesse chiedendo a Dio o magari a quella bella poltrona, ma visto che ne’ Dio ne’ la poltrona sembrano intenzionati a rispondergli, si mette a pensare ai libri di Kolbeinn. (p. 148)

… a volte bisogna che un mondo vada distrutto, perche’ ne possa nascere un altro. (p. 190)

Sono stati smarriti per le strade di questo paese il senso della vita, il ristoro del sonno, la felicita’ di coppia, il mio sorriso e ogni mio slancio. Chi li trovasse e’ pregato di riconsegnarli alla tipografia, lauta ricompensa. (p. 192)

L’uomo e’ una creatura strana. Lotta contro le forze della natura, trionfa su difficolta’ apparentemente insormontabili, e’ il signore della terra, eppure ha cosi’ poco comando sui propri pensieri come sui baratri che coprono, che cosa alberga in quegli abissi, come si forma, da dove viene, ubbidisce a delle leggi oppure l’uomo attraversa la propria esistenza con un letale caos dentro di se’? (p. 199-200)

… forse l’inferno e’ una biblioteca e tu un cieco (p. 210)
Borges

Le parole possono avere il potere dei troll e possono abbattere gli dei, possono salvare la vita e annientarla. Le parole sono frecce, proiettili, uccelli leggendari all’inseguimento degli dei, le parole sono pesci preistorici che scoprono un segreto terrificante nel profondo degli abissi, sono reti sufficientemente grandi da catturare il mondo e abbracciare i cieli, ma a volte le parole non sono niente, sono stracci usati dove il freddo penetra, sono fortezze in disuso che la morte e la sventura varcano con facilita’. (p. 215)

Che cos’e’ la vita? Forse la risposta e’ implicita nella domanda, nello stupore che cela in se’. La luce vitale si affievolisce per trasformarsi in tenebra quando smettiamo di stupirci, smettiamo di interrogarci e quando prendiamo la vita come una qualsiasi faccenda quotidiana? (p. 225)





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