Bellezza e tristezza by Yasunari Kawabata
My rating: 4 of 5 stars
we’re circle no one can break
leave me now - return tonight
the tide will show you the way
forget my name go astray
killer whale trapped in a bay
(the ocean miles away)
I’m a whisper in water (my love)
(Bachelorette, Bjork)
L’immagine sulla tela riproduce la bellezza (al di la’ di ogni possibile categoria estetica), ma col scendere della sabbia nella clessidra (odiando quella mano che la rigira) l’immagine si intristisce e, nell’immemorabile, resta la bellezza.
Unum, verum, bonum et pulchrum.
Il treno correva in mezzo a un paesaggio di boschi anonimi: la fitta foschia fuori dai finestrini dava una sensazione di calore intimo. Sopra la foschia un vago chiarore illuminava le nuvole opache. La luce sembrava emanare dalla terra. Poi, il cielo si era schiarito e i raggi del sole arrivavano fino al pavimento della carrozza. Quando il treno costeggio’ una pineta, si vide il terreno ricoperto di aghi finissimi. Le foglie di bambu’ erano ingiallite. Contro le rocce di un promontorio nero scrisciavano le onde luccicanti. (5)
Di quando in quando, doveva fermarsi perche’ le lacrime le annebbiavano gli occhi. Via via che andava avanti col lavor, Otoko si accorgeva che il ritratto della madre prendeva le sue stesse sembianze. (52)
Grazie, - disse Keiko arrossendo nel collo sottile e flessuoso. - Terro’ con me le sue parole gentili per tutta la vita. Ma quanto durera’ questa bellezza che lei loda? E’ un pensiero triste per una donna. (63)
In un certo senso, sia Oki sia la sua creatura erano ormai completamente svaniti dalla vita di Otoko, benche’ fosse rimasto immutato l’amore per lui.
Scorse veloce il tempo. Per un uomo, tuttavia, lo scorrere del tempo non consiste forse in un’unica corrente, ma in correnti numerose e varie. Proprio come un fiume, il tempo scorre veloce in un senso e in altro senso piu’ lento; ci sono anche dei punti dove il flusso e’ completamente fermo. Nel cielo il tempo scorre con una velocita’ uguale per tutti, mentre in questo mondo esso scorre in ciascuno di noi a un ritmo diverso. Non c’e’ uomo che riesca a scansare il tempo, il quale tuttavia scorre diversamente per ognuno.
…
Era inevitabile che il tempo fluisse per due persone in modo diverso, indipendentemente dall’intensita’ del loro amore reciproco. (134-5)
Otoko aveva seguito lo scorrere del tempo portando Oki dentro di se’. E il ricordo di Oki si era venuto via via tingendo dell’amore di Otoko per se stessa, trasformandosi in tutt’altra cosa. (139)
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Sunday, September 27, 2015
Saturday, September 26, 2015
Review: Tutti i racconti
Tutti i racconti by Cesare Pavese
My rating: 4 of 5 stars
Pavese va letto d'estate (in agosto).
Cara Mariarosa Masoero,
a che servono 300 e passa pagine di note se non mi traduci il piemontese? L’universita’ l’abbiamo gia’ fatta - inutilmente - e se Cesare ha scritto ‘miao’ invece di ‘ciao’, non mi cambia la vita e neppure la voglia di leggerlo.
FERIA D'AGOSTO (*****)
Di quelli piu' belli:
Fine d'Agosto
La giacchetta di cuoio
Primo amore
Il mare
Risveglio
La citta'
La vigna
Anni
Ma ormai io non potevo piu' perdonarle di essere una donna, una che trasforma il sapore remoto del vento in sapore di carne. (p. 10)
Quando c'era Ceresa non mancava mai da ridere: si stava in mutandine nell'acqua, si preparava il catrame, si vuotavano le barche, e alla stagione buona si faceva merenda col secchio dell'uva sul tavolo, sotto le piante. (p. 30)
Sono momenti questi che si possono chiamare di disponibilita' assoluta. S'intravede, dopo che uno li ha vissuti, che tutto il proprio passato visibile e percio' anche il presente e insomma tutta la vita, non conta per quello che si e' fatto voluto sofferto ottenuto, e che tanto varrebbe starsene fermi su un angolo come un pezzente e, borbottando qualcosa che i passanti non capiscano nemmeno, fissare a occhi chiusi questo stupore, quest'abisso. (p. 82)
Tutto si puo' fare al mattino, avendone voglia, - gli dissi. - Ma dove la trovi la donna che si accontenta di mangiare quattro ciliege guardando i tetti? (p. 105)
Adesso ero solo. Naturalmente non trovai nessun lavoro. Nelle torride giornate bighellonavo per le strade, specialmente al mattino; godendomi le bande d'ombra fresca sul marciapiede annaffiato. Spalancavo la finestra sui tetti ogni mattina, tendendo l'orecchio ai rumori vaghi che salivano fin lassu'. Nell'aria limpida i tetti scuri e rugosi mi parevano un'immagine della mia nuova vita: speranze labili sopra un ruvido fondo. In quella calma, in quell'attesa mi sentivo rinascere. (p. 106-7)
Cio' e' tanto vero che di qualunque individuo, anche il piu' colto e creatore, si puo' sostenere che i simboli non si radicano tanto nei suoi incontri libreschi o accademici, quanto nelle mitiche e quasi elementari scoperte d'infanzia, nei contatti umilissimi e inconsapevoli con le realta' quotidiane e domestiche che l'hanno accolto al principio: non l'alta poesia ma la fiaba, il litigio, la prghiera, non la grande pittura ma l'almanacco e la stampa, non la scienza ma la superstizione. (p. 135)
E non e' una caso che Proust per raggiungere il suo passato piu' geloso si sia servito della pura sensazione, che nella sua nudita' pare fatta apposta per accostarci al mondo larvale delle origini istintive. (p. 138)
Son tornato al torrente dove venivo quest'inverno, e come succede in quest'ore calde mi e' venuta l'idea di mettermi nudo. Non mi vedevano che gli alberi e gli uccelli. Il torrente e' incassato in uno spacco della campagna. Se si ha un corpo, tanto vale esporlo al cielo. Le radici che sporgono dalla parete, sono nude.
Mi bagnai nella pozza, dove disteso toccavo fondo. E' un'acqua tiepida, che sa di terra. Di tanto in tanto ci tornavo; cuocevo al sole tutto il tempo, buttato sull'erba, scorrendomi addosso le stille come sudore. Non sapevo piu' di carne ma d'acqua e di terra. Mi vedevo sulla testa tra le punte degli alberi la pozza nuda del cielo. Ci stetti fino a sera. (p. 144)
WALT WHITMAN
Dopo l'ultimo incontro sulla riva del fiume vagabondai nei prati come facevo da ragazzo. La giornata non voleva finire. Io sapevo che un giorno quelle ore le avrei ricordate come ricordo i pomeriggi abbandonati di tanti anni fa. Ero ridotto come un bambino, troppo ammaccato per sentir altro che il mio corpo, e le angosce mi camminavano davanti come guide. Le seguivo istupidito. (p. 151)
Ma non volle venire a cercarlo. Doveva essere caduto nei boschi, sapeva troppo di selvatico. Ora capivo perche' tante cose strane si raccontano nei boschi, perche' ci sono tante piante, tanti fiori mai veduti, e rumori di bestie che si nascondono nei rovi. Forse il lampo diventa una pietra, una lucertola, uno strato di fiorellini, e bisogna sentirlo all'odore. (p. 161)
TESTI GIOVANILI (***)
Di quelli piu’ belli:
Lotte di giovani
Brividi bui di sogni
Il poeta e il suo doppio
Il cattivo meccanico
Il pilota malato
Arcadia
A quello spettacolo mi sentii stringere il cuore. E su quell’immensa agonia della natura, mentre il vento freddo che spazzava quella vetta mi dava un brivido come di febbre, mi occorse il pensiero della morte. Volsi ancora una volta lo sguardo a tutto l’orizzonte e fermai un istante gli occhi sul crepuscolo che in quella luce smorta si spegneva lentamente. Poi, triste, m’incamminai al ritorno. (201)
La notte sprofondata la’, in alto dove, come a raffiche di vento freddo, rabbrividivano le stelle.
Il peso, serrato, del buio sui contorcimenti muti dell’anima.
Lontano, lontano, la gran citta’ che viveva della sua vita immensa, nello scagliarsi di tutte le velocita’ e nelle luci spasmodiche.
La folla degli uomini di cui ciascuna passione era un delirio soffocante e urlante e gli uomini e le passioni vivevano laggiu’, a migliaia. E le grandi citta’ pulsavano e sussultavano sulla terra, a migliaia. (232)
I crepuscoli arroventati d’inverno, quando tutto sul fiume e’ di nebbia, tranne i piccoli lumi alle vie e le moli titaniche di camini e di fabbriche si drizzano sul cielo di fiamma.
I torrenti di fumo che sgorgano in alto e si fondono alle nubi.
La sterilita’ livida dei pochi ciuffi d’erba sulle rive del fiume, coperte di carbone e di pietre e di rotaie d’acciaio.
Gli uomini perduti in quell’orizzonte, sotto il cielo pallido, come tra le rovine di un mondo. (253)
Difatti la citta’ non e’ citta’ se non di notte.
Di notte, scompaiono tutti i controsensi, le meschinita’ provinciali, il cielo libero sull’immensita’ delle case, i particolari cui la luce solare, implacabile, da’ un rilievo esagerato. Di notte, ogni provincialismo, ogni resto campagnolo, scompare nella tenebra e la grande citta’ non e’ piu’ che un misterioso seguito di masse buie e altissime, geometrizzate da occhi luminosi e spaccate in rettilinei dove s’allungano correnti di luci. Nelle piazze, dentro la nebbia leggera, che e’ come il respiro della citta’, s’incrociano costellazioni multicolori, limpidissime, urlanti di fulgore. E a terra, rasente gli asfalti, che paion grandi fiumi silenziosi, lucidissime, scivolano le automobili, masse buie anch’esse, tranne i due occhi sbarrati che si sprofondano come in un abisso.
Di notte, la citta’ presenta l’aspetto irreale di un fondo marino, tenebroso e annebbiato di piccole luci, che compaiono un tratto e poi guizzano via.
L’anima umana artificiosa, creatrice della metropoli, ritrova se stessa nella sua allucinazione, nella tenebra rotta soltanto di centri elettrici e di fragori meccanici, nell’immensa artificiosita’ della sua vita. Mentre il giorno e’ pur sempre il regno del sole, della natura oltreumana. (275)
CIAU MASINO (***)
Di quelli piu’ belli:
La zoppa
I cantastorie
Antenati
Com’a va, madama?
L’altra apri’ due occhi spaventata e con un tono piagnucoloso riconobbe Masin.
Eh, soma si’. (396)
Siamo nati per girovagare su quelle colline,
senza donne e le mani tenercele dietro alla schiena. (418)
ALTRI RACCONTI (1936-1941)(***)
Di quelli piu’ belli:
L’idolo
Il campo di grano.
Dalle porte esalava tanfo di fritto e io solevo sedermi a un’osteria, di fronte alla stazione deserta. Guardavo passsare il gregge i capre, che dav il latte al paese, e m’insonnolivo nella penombra, assaporando la solitudine. Mi tuffavo in un’amara commozione al pensiero che alle mie spalle, oltre le montagne, continuva a vivere il grande mondo e che un giorno l’avrei riattraversato. (Terra d’esilio, 451)
Non tanto di uscire anlavo, quanto che entrasse il mondo nel mio vuoto e lo colorasse, lo scaldasse con gesti e parole. Leggere non bastava, diceva giusto il mio compagno; occorreva che almeno, nel mondo, pensassero a me, me ne dessero i segni, e non tutto svanisse in quell’atroce, innaturale immobilita’. (L’intruso, 491)
Le migliaia di bolle diffondevano un pallore assurdo fra l’acqua e l’aria. Nelle lacrime di pioggia Bianca spazio’ lo sguardo alle rive, ogn’intorno, e ogni cosa svaniva in un profilo incerto. Era sola sul fiume. (La draga, 548-9)
Non sono fatto per le tempeste e per la lotta: se anche in certe mattine scendo tutto vibrante a percorrere le vie, e il mio passo somiglia una sfida, ripeto che null’altro chiedo alla vita se non che si lasci guardare.
Eppure anche quest’ultimo piacere mi lascia talvolta l’amarezza propria di un vizio. Non e’ da ieri che mi sono accorto come a vivere sia necessaria un’astuzia, prima che verso gli altri, verso di se’. (Suicidi, 609)
Risalivo la strada della collina e gli antichi scenari di verde e di muriccioli, via via che sorgevano alle svolte, mi parevano finti. Tanto tempo ne ero vissuto lontano ripensandoci appena in certi istanti svagati, che la loro attualita’ materiale mi faceva ora soltanto l’effetto di un simbolo del passato.
Ma non erano simboli la brezza della sera e l’odore di quella terra. Qui ritrovavo corporalmente l’atmosfera della mia gioventu’, perche’ queste cose non le avevo mai dimenticate, ma in lontane campagne o nei viali delle citta’, tante volte avevo fiutato l’aria riassaporando altri tempi. (Villa in collina, 636)
FALLIMENTI - FRAMMENTI (****)
E poi, se devo dirlo, nella mia monastica rinuncia era entrata una segreta compiacenza, una dolorosa abitudine del passato, che mi faceva preferire l’intimita’ di una vano ricordo ad ogni imprevista novita’. (693)
D’estate all’aria aperta il malumore e’ solamente languidezza, e la gran luce lo smentisce. (777)
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My rating: 4 of 5 stars
Pavese va letto d'estate (in agosto).
Cara Mariarosa Masoero,
a che servono 300 e passa pagine di note se non mi traduci il piemontese? L’universita’ l’abbiamo gia’ fatta - inutilmente - e se Cesare ha scritto ‘miao’ invece di ‘ciao’, non mi cambia la vita e neppure la voglia di leggerlo.
FERIA D'AGOSTO (*****)
Di quelli piu' belli:
Fine d'Agosto
La giacchetta di cuoio
Primo amore
Il mare
Risveglio
La citta'
La vigna
Anni
Ma ormai io non potevo piu' perdonarle di essere una donna, una che trasforma il sapore remoto del vento in sapore di carne. (p. 10)
Quando c'era Ceresa non mancava mai da ridere: si stava in mutandine nell'acqua, si preparava il catrame, si vuotavano le barche, e alla stagione buona si faceva merenda col secchio dell'uva sul tavolo, sotto le piante. (p. 30)
Sono momenti questi che si possono chiamare di disponibilita' assoluta. S'intravede, dopo che uno li ha vissuti, che tutto il proprio passato visibile e percio' anche il presente e insomma tutta la vita, non conta per quello che si e' fatto voluto sofferto ottenuto, e che tanto varrebbe starsene fermi su un angolo come un pezzente e, borbottando qualcosa che i passanti non capiscano nemmeno, fissare a occhi chiusi questo stupore, quest'abisso. (p. 82)
Tutto si puo' fare al mattino, avendone voglia, - gli dissi. - Ma dove la trovi la donna che si accontenta di mangiare quattro ciliege guardando i tetti? (p. 105)
Adesso ero solo. Naturalmente non trovai nessun lavoro. Nelle torride giornate bighellonavo per le strade, specialmente al mattino; godendomi le bande d'ombra fresca sul marciapiede annaffiato. Spalancavo la finestra sui tetti ogni mattina, tendendo l'orecchio ai rumori vaghi che salivano fin lassu'. Nell'aria limpida i tetti scuri e rugosi mi parevano un'immagine della mia nuova vita: speranze labili sopra un ruvido fondo. In quella calma, in quell'attesa mi sentivo rinascere. (p. 106-7)
Cio' e' tanto vero che di qualunque individuo, anche il piu' colto e creatore, si puo' sostenere che i simboli non si radicano tanto nei suoi incontri libreschi o accademici, quanto nelle mitiche e quasi elementari scoperte d'infanzia, nei contatti umilissimi e inconsapevoli con le realta' quotidiane e domestiche che l'hanno accolto al principio: non l'alta poesia ma la fiaba, il litigio, la prghiera, non la grande pittura ma l'almanacco e la stampa, non la scienza ma la superstizione. (p. 135)
E non e' una caso che Proust per raggiungere il suo passato piu' geloso si sia servito della pura sensazione, che nella sua nudita' pare fatta apposta per accostarci al mondo larvale delle origini istintive. (p. 138)
Son tornato al torrente dove venivo quest'inverno, e come succede in quest'ore calde mi e' venuta l'idea di mettermi nudo. Non mi vedevano che gli alberi e gli uccelli. Il torrente e' incassato in uno spacco della campagna. Se si ha un corpo, tanto vale esporlo al cielo. Le radici che sporgono dalla parete, sono nude.
Mi bagnai nella pozza, dove disteso toccavo fondo. E' un'acqua tiepida, che sa di terra. Di tanto in tanto ci tornavo; cuocevo al sole tutto il tempo, buttato sull'erba, scorrendomi addosso le stille come sudore. Non sapevo piu' di carne ma d'acqua e di terra. Mi vedevo sulla testa tra le punte degli alberi la pozza nuda del cielo. Ci stetti fino a sera. (p. 144)
WALT WHITMAN
Dopo l'ultimo incontro sulla riva del fiume vagabondai nei prati come facevo da ragazzo. La giornata non voleva finire. Io sapevo che un giorno quelle ore le avrei ricordate come ricordo i pomeriggi abbandonati di tanti anni fa. Ero ridotto come un bambino, troppo ammaccato per sentir altro che il mio corpo, e le angosce mi camminavano davanti come guide. Le seguivo istupidito. (p. 151)
Ma non volle venire a cercarlo. Doveva essere caduto nei boschi, sapeva troppo di selvatico. Ora capivo perche' tante cose strane si raccontano nei boschi, perche' ci sono tante piante, tanti fiori mai veduti, e rumori di bestie che si nascondono nei rovi. Forse il lampo diventa una pietra, una lucertola, uno strato di fiorellini, e bisogna sentirlo all'odore. (p. 161)
TESTI GIOVANILI (***)
Di quelli piu’ belli:
Lotte di giovani
Brividi bui di sogni
Il poeta e il suo doppio
Il cattivo meccanico
Il pilota malato
Arcadia
A quello spettacolo mi sentii stringere il cuore. E su quell’immensa agonia della natura, mentre il vento freddo che spazzava quella vetta mi dava un brivido come di febbre, mi occorse il pensiero della morte. Volsi ancora una volta lo sguardo a tutto l’orizzonte e fermai un istante gli occhi sul crepuscolo che in quella luce smorta si spegneva lentamente. Poi, triste, m’incamminai al ritorno. (201)
La notte sprofondata la’, in alto dove, come a raffiche di vento freddo, rabbrividivano le stelle.
Il peso, serrato, del buio sui contorcimenti muti dell’anima.
Lontano, lontano, la gran citta’ che viveva della sua vita immensa, nello scagliarsi di tutte le velocita’ e nelle luci spasmodiche.
La folla degli uomini di cui ciascuna passione era un delirio soffocante e urlante e gli uomini e le passioni vivevano laggiu’, a migliaia. E le grandi citta’ pulsavano e sussultavano sulla terra, a migliaia. (232)
I crepuscoli arroventati d’inverno, quando tutto sul fiume e’ di nebbia, tranne i piccoli lumi alle vie e le moli titaniche di camini e di fabbriche si drizzano sul cielo di fiamma.
I torrenti di fumo che sgorgano in alto e si fondono alle nubi.
La sterilita’ livida dei pochi ciuffi d’erba sulle rive del fiume, coperte di carbone e di pietre e di rotaie d’acciaio.
Gli uomini perduti in quell’orizzonte, sotto il cielo pallido, come tra le rovine di un mondo. (253)
Difatti la citta’ non e’ citta’ se non di notte.
Di notte, scompaiono tutti i controsensi, le meschinita’ provinciali, il cielo libero sull’immensita’ delle case, i particolari cui la luce solare, implacabile, da’ un rilievo esagerato. Di notte, ogni provincialismo, ogni resto campagnolo, scompare nella tenebra e la grande citta’ non e’ piu’ che un misterioso seguito di masse buie e altissime, geometrizzate da occhi luminosi e spaccate in rettilinei dove s’allungano correnti di luci. Nelle piazze, dentro la nebbia leggera, che e’ come il respiro della citta’, s’incrociano costellazioni multicolori, limpidissime, urlanti di fulgore. E a terra, rasente gli asfalti, che paion grandi fiumi silenziosi, lucidissime, scivolano le automobili, masse buie anch’esse, tranne i due occhi sbarrati che si sprofondano come in un abisso.
Di notte, la citta’ presenta l’aspetto irreale di un fondo marino, tenebroso e annebbiato di piccole luci, che compaiono un tratto e poi guizzano via.
L’anima umana artificiosa, creatrice della metropoli, ritrova se stessa nella sua allucinazione, nella tenebra rotta soltanto di centri elettrici e di fragori meccanici, nell’immensa artificiosita’ della sua vita. Mentre il giorno e’ pur sempre il regno del sole, della natura oltreumana. (275)
CIAU MASINO (***)
Di quelli piu’ belli:
La zoppa
I cantastorie
Antenati
Com’a va, madama?
L’altra apri’ due occhi spaventata e con un tono piagnucoloso riconobbe Masin.
Eh, soma si’. (396)
Siamo nati per girovagare su quelle colline,
senza donne e le mani tenercele dietro alla schiena. (418)
ALTRI RACCONTI (1936-1941)(***)
Di quelli piu’ belli:
L’idolo
Il campo di grano.
Dalle porte esalava tanfo di fritto e io solevo sedermi a un’osteria, di fronte alla stazione deserta. Guardavo passsare il gregge i capre, che dav il latte al paese, e m’insonnolivo nella penombra, assaporando la solitudine. Mi tuffavo in un’amara commozione al pensiero che alle mie spalle, oltre le montagne, continuva a vivere il grande mondo e che un giorno l’avrei riattraversato. (Terra d’esilio, 451)
Non tanto di uscire anlavo, quanto che entrasse il mondo nel mio vuoto e lo colorasse, lo scaldasse con gesti e parole. Leggere non bastava, diceva giusto il mio compagno; occorreva che almeno, nel mondo, pensassero a me, me ne dessero i segni, e non tutto svanisse in quell’atroce, innaturale immobilita’. (L’intruso, 491)
Le migliaia di bolle diffondevano un pallore assurdo fra l’acqua e l’aria. Nelle lacrime di pioggia Bianca spazio’ lo sguardo alle rive, ogn’intorno, e ogni cosa svaniva in un profilo incerto. Era sola sul fiume. (La draga, 548-9)
Non sono fatto per le tempeste e per la lotta: se anche in certe mattine scendo tutto vibrante a percorrere le vie, e il mio passo somiglia una sfida, ripeto che null’altro chiedo alla vita se non che si lasci guardare.
Eppure anche quest’ultimo piacere mi lascia talvolta l’amarezza propria di un vizio. Non e’ da ieri che mi sono accorto come a vivere sia necessaria un’astuzia, prima che verso gli altri, verso di se’. (Suicidi, 609)
Risalivo la strada della collina e gli antichi scenari di verde e di muriccioli, via via che sorgevano alle svolte, mi parevano finti. Tanto tempo ne ero vissuto lontano ripensandoci appena in certi istanti svagati, che la loro attualita’ materiale mi faceva ora soltanto l’effetto di un simbolo del passato.
Ma non erano simboli la brezza della sera e l’odore di quella terra. Qui ritrovavo corporalmente l’atmosfera della mia gioventu’, perche’ queste cose non le avevo mai dimenticate, ma in lontane campagne o nei viali delle citta’, tante volte avevo fiutato l’aria riassaporando altri tempi. (Villa in collina, 636)
FALLIMENTI - FRAMMENTI (****)
E poi, se devo dirlo, nella mia monastica rinuncia era entrata una segreta compiacenza, una dolorosa abitudine del passato, che mi faceva preferire l’intimita’ di una vano ricordo ad ogni imprevista novita’. (693)
D’estate all’aria aperta il malumore e’ solamente languidezza, e la gran luce lo smentisce. (777)
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Tuesday, September 15, 2015
Review: Il maestro di Go
Il maestro di Go by Yasunari Kawabata
My rating: 4 of 5 stars
kudakutemo
kudakutemo
ari mizu no tsuki. Choshu
Anche se vien infranta
e di nuovo infranta e’ sempre la’
la luna sull’acqua. (225)
Puo’ un occidentale capire il gioco del go?
.. la distanza siderale che separa il go dal “gioco nobile” dell’occidente: gli scacchi. Questi sono la chiara illustrazione di un universo “pieno” (il gioco inizia con i pezzi gia’ disposti sulla scacchiera) e gerarchizzato (pezzi diversi che assolvono a funzioni diverse): esempio tipico di modello centrato in cui la partita termina con la morte definitiva di uno dei due re e dunque con il definitivo annientamento dell’avversario. Per quanto carichi di sapori e suggestioni medievali, gli scacchi - nella loro infantile rozzezza la quale fa piu’ appello all’uso del modello spinale che non a quello del sistema nervoso - costituiscono una eccellente metafora dell’evoluzione del sistema sociale occidentale… (225)
“Nel go o nello shogi, non ci si deve sforzare di comprendere la personalita’ dell’avversario. Scrutare l’animo di chi ti sta di fronte, secondo lo spirito del go, e’ la via sbagliata” disse una volta il maestro… (83)
… ritenevo ugualmente che in occidente lo spirito del go venisse negato. In Giappone e’ una “via”, un’arte che trascende la nozione stessa di forza e gioco. (117)
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My rating: 4 of 5 stars
kudakutemo
kudakutemo
ari mizu no tsuki. Choshu
Anche se vien infranta
e di nuovo infranta e’ sempre la’
la luna sull’acqua. (225)
Puo’ un occidentale capire il gioco del go?
.. la distanza siderale che separa il go dal “gioco nobile” dell’occidente: gli scacchi. Questi sono la chiara illustrazione di un universo “pieno” (il gioco inizia con i pezzi gia’ disposti sulla scacchiera) e gerarchizzato (pezzi diversi che assolvono a funzioni diverse): esempio tipico di modello centrato in cui la partita termina con la morte definitiva di uno dei due re e dunque con il definitivo annientamento dell’avversario. Per quanto carichi di sapori e suggestioni medievali, gli scacchi - nella loro infantile rozzezza la quale fa piu’ appello all’uso del modello spinale che non a quello del sistema nervoso - costituiscono una eccellente metafora dell’evoluzione del sistema sociale occidentale… (225)
“Nel go o nello shogi, non ci si deve sforzare di comprendere la personalita’ dell’avversario. Scrutare l’animo di chi ti sta di fronte, secondo lo spirito del go, e’ la via sbagliata” disse una volta il maestro… (83)
… ritenevo ugualmente che in occidente lo spirito del go venisse negato. In Giappone e’ una “via”, un’arte che trascende la nozione stessa di forza e gioco. (117)
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Saturday, September 12, 2015
Review: Tutta la luce che non vediamo
Tutta la luce che non vediamo by Anthony Doerr
My rating: 5 of 5 stars
Non c’e’ miglior viandante di colui che non appare alla luce, cosi’ come la scoperta di Herr Heinrich Hertz.
il viandante: Solo ora mi accorgo di quanto io sia scortese verso di te, mia amata ombra: non ho ancora usato una parola per dire quanto io mi rallegri di sentirti e non solo di vederti. lo saprai, io amo l'ombra come amo la luce. perchè ci sia bellezza sul volto, chiarezza nel discorso, bontà e saldezza nel carattere, l'ombra è tanto necessaria quanto la luce. esse non sono avversarie: si tengono al contrario amorevolmente per mano, e se la luce sparisce, l'ombra le guizza dietro.
l'ombra: E io odio la stessa cosa che odi tu, la notte; io amo gli uomini, perché essi sono seguaci della luce (Lichtjünger), e mi allieto dello splendore che è nel loro occhio quando conoscono e scoprono (wenn sie erkennen und entdecken), essi, instancabili conoscitori e scopritori. (Nietzsche)
La dea Storia ha volto lo sguardo alla Terra. Solo per mezzo dei fuochi piu’ roventi sara’ conquistata la purificazione. (25)
Marie-Laure e’ troppo giovane e suo padre e’ troppo paziente. I malefici, la rassicura, non esistono. C’e’ la sorte, forse, buona o cattiva. La lieve inclinazione di ogni giorno verso il successo o il fallimento. Ma nessun maleficio. (38)
Le api sono d’argento; i piccioni sono fulvi e ramati e ogni tanto anche d’oro. Gli enormi cipressi che lei e suo padre oltrepassano sul tragitto mattutino sono caleidoscopi scintillanti, ciascun ago un poligono di luce. (53)
E dunque, bambini miei, come fa il cervello, che vive senza uno sprazzo di luce, a costruire per noi un mondo pieno di luce? (56)
Aprite gli occhi, diceva sempre il francese alla radio, e guardate tutto quello che potete prima che si chiudano per sempre. (91)
Un diamante, rammenta il fabbro a se stesso, non e’ che carbonio calcato per un’eternita’ fra le viscere della terra e sospinto in superficie lungo un camino vulcanico. Qualcuno lo sfaccetta, qualcun altro lo lucida. Non alberga maledizioni piu’ di quanto possa albergarne una foglia, uno specchio, una vita. A questo mondo esiste solo il caso, e la fisica. (113)
“Zio, sei tu?”
“Marie-Laure.” La voce e’ bassa e suadente, una pezza di seta da tenere in un cassetto e tirar fuori nelle grandi occasioni, solo per sentirla fra le dita. (138)
L’entropia di un sistema chiuso non decresce mai. (273)
I cerfogli selvatici ondeggiano sui gambi e le api continuano la loro opera. Se solo la vita fosse come un romanzo di Jules Verne, pensa Marie-Laure, e quando ne hai proprio bisogno potessi saltare in avanti e vedere cosa succedera’. (287
I violini turbinano verso il basso, poi risalgono. Etienne prende la mano di Marie-Laure e insieme, sotto il tetto basso - col disco che gira, la trasmittente che invia il suono fin sopra i bastioni, a trapassare i corpi dei tedeschi per arrivare al mare - si mettono a ballare. Lui la fa volteggiare; lei fa guizzare le dita in aria. Alla luce della candela sembra una creatura arcana, il viso tutto lentigginoso e proprio li’, al centro delle efelidi, quei due occhi immobili come sacche ovigere di ragni. Non lo seguono, ma nemmeno lo inquietano; pare quasi che guardino un luogo lontano e piu’ profondo, un mondo fatto solo di musica. (326)
L’entropia totale di qualunque sistema, diceva il dottor Hauptmann, puo’ diminuire solo se l’entropia di un altro sistema aumenta: la natura pretende simmetria. Ordnung muss sein. (348)
Ed e’ proprio in quel momento che Werner osserva tra se’ quanto sia immensamente futile costruire magnifici palazzi, far musica, cantare canzoni, stampare libri enormi pieni di uccelli variopinti in faccia alla sismica e travolgente indifferenza del mondo: quanto pretese hanno, gli esseri umani! Perche’ affannarsi a produrre musica quando il vento e il silenzio sono ben piu’ possenti? Perche’ accendere lumi, quando il buio inevitabilmente li spegnera’? (358)
Mentre in realta’, pensa Werner, il tempo e’ una pozza rilucente che ci portiamo fra le mani; bisognerebbe usare ogni energia per proteggerla. Combattere, impegnarsi davvero per non perderne neppure una goccia. (462)
Perche’ il vento non la sposta, la luce? (468)
… l’aria e’ una biblioteca e un archivio di ogni vita vissuta, ogni frase pronunciata, ogni parola trasmessa, che ancora riecheggia. (509)
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My rating: 5 of 5 stars
Non c’e’ miglior viandante di colui che non appare alla luce, cosi’ come la scoperta di Herr Heinrich Hertz.
il viandante: Solo ora mi accorgo di quanto io sia scortese verso di te, mia amata ombra: non ho ancora usato una parola per dire quanto io mi rallegri di sentirti e non solo di vederti. lo saprai, io amo l'ombra come amo la luce. perchè ci sia bellezza sul volto, chiarezza nel discorso, bontà e saldezza nel carattere, l'ombra è tanto necessaria quanto la luce. esse non sono avversarie: si tengono al contrario amorevolmente per mano, e se la luce sparisce, l'ombra le guizza dietro.
l'ombra: E io odio la stessa cosa che odi tu, la notte; io amo gli uomini, perché essi sono seguaci della luce (Lichtjünger), e mi allieto dello splendore che è nel loro occhio quando conoscono e scoprono (wenn sie erkennen und entdecken), essi, instancabili conoscitori e scopritori. (Nietzsche)
La dea Storia ha volto lo sguardo alla Terra. Solo per mezzo dei fuochi piu’ roventi sara’ conquistata la purificazione. (25)
Marie-Laure e’ troppo giovane e suo padre e’ troppo paziente. I malefici, la rassicura, non esistono. C’e’ la sorte, forse, buona o cattiva. La lieve inclinazione di ogni giorno verso il successo o il fallimento. Ma nessun maleficio. (38)
Le api sono d’argento; i piccioni sono fulvi e ramati e ogni tanto anche d’oro. Gli enormi cipressi che lei e suo padre oltrepassano sul tragitto mattutino sono caleidoscopi scintillanti, ciascun ago un poligono di luce. (53)
E dunque, bambini miei, come fa il cervello, che vive senza uno sprazzo di luce, a costruire per noi un mondo pieno di luce? (56)
Aprite gli occhi, diceva sempre il francese alla radio, e guardate tutto quello che potete prima che si chiudano per sempre. (91)
Un diamante, rammenta il fabbro a se stesso, non e’ che carbonio calcato per un’eternita’ fra le viscere della terra e sospinto in superficie lungo un camino vulcanico. Qualcuno lo sfaccetta, qualcun altro lo lucida. Non alberga maledizioni piu’ di quanto possa albergarne una foglia, uno specchio, una vita. A questo mondo esiste solo il caso, e la fisica. (113)
“Zio, sei tu?”
“Marie-Laure.” La voce e’ bassa e suadente, una pezza di seta da tenere in un cassetto e tirar fuori nelle grandi occasioni, solo per sentirla fra le dita. (138)
L’entropia di un sistema chiuso non decresce mai. (273)
I cerfogli selvatici ondeggiano sui gambi e le api continuano la loro opera. Se solo la vita fosse come un romanzo di Jules Verne, pensa Marie-Laure, e quando ne hai proprio bisogno potessi saltare in avanti e vedere cosa succedera’. (287
I violini turbinano verso il basso, poi risalgono. Etienne prende la mano di Marie-Laure e insieme, sotto il tetto basso - col disco che gira, la trasmittente che invia il suono fin sopra i bastioni, a trapassare i corpi dei tedeschi per arrivare al mare - si mettono a ballare. Lui la fa volteggiare; lei fa guizzare le dita in aria. Alla luce della candela sembra una creatura arcana, il viso tutto lentigginoso e proprio li’, al centro delle efelidi, quei due occhi immobili come sacche ovigere di ragni. Non lo seguono, ma nemmeno lo inquietano; pare quasi che guardino un luogo lontano e piu’ profondo, un mondo fatto solo di musica. (326)
L’entropia totale di qualunque sistema, diceva il dottor Hauptmann, puo’ diminuire solo se l’entropia di un altro sistema aumenta: la natura pretende simmetria. Ordnung muss sein. (348)
Ed e’ proprio in quel momento che Werner osserva tra se’ quanto sia immensamente futile costruire magnifici palazzi, far musica, cantare canzoni, stampare libri enormi pieni di uccelli variopinti in faccia alla sismica e travolgente indifferenza del mondo: quanto pretese hanno, gli esseri umani! Perche’ affannarsi a produrre musica quando il vento e il silenzio sono ben piu’ possenti? Perche’ accendere lumi, quando il buio inevitabilmente li spegnera’? (358)
Mentre in realta’, pensa Werner, il tempo e’ una pozza rilucente che ci portiamo fra le mani; bisognerebbe usare ogni energia per proteggerla. Combattere, impegnarsi davvero per non perderne neppure una goccia. (462)
Perche’ il vento non la sposta, la luce? (468)
… l’aria e’ una biblioteca e un archivio di ogni vita vissuta, ogni frase pronunciata, ogni parola trasmessa, che ancora riecheggia. (509)
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Saturday, September 5, 2015
Review: Jubiabà
Jubiabà by Jorge Amado
My rating: 3 of 5 stars
Non tutti si nasce Oliver Twist.
Vanno la’, quando non vogliono dormire sulla sabbia del porto, da dove si possono ammirare le enormi navi, le stelle del cielo e il verde misterioso del mare. (89)
Furono anni belli, anni liberi, quelli in cui Antonio e la sua banda dominarono la citta’, mendicando nelle strade, litigando nei vicoli, dormendo sulla riva del mare. (94)
Andava al porto ogni sera e rimaneva la’ a lungo a cercare, ad aspettare dal mare un’indicazione sulla “sua strada”, sulla strada che doveva imboccare. (102)
E penso’ che tutti, vivi e morti, erano molto infelici. Anche quelli che dovevano ancora nascere. Soltanto non riusciva a capire perche’ gli uomini fossero cosi’ infelici. (116)
Antonio prese con se’ il Gordo e fuggi’ sul mare a bordo di un battello da cabotaggio. Andava a cercare nelle fiere, nelle piccole citta’, per terra e per mare, la sua risata, la sua strada, la “strada di casa”. (166)
Sto facendo una corsa con Guma. Su, canta una canzone...
Il canto aiuta il vento e aiuta il mare. Questi sono i segreti che solo un vecchio marinaio conosce, segreti che si apprendono vivendo sul mare. (175)
E chissa’ se non racconteranno poi ai figli e agli amici la storia di Antonio Balduino, il quale fece il mendicante, il boxeur, il compositore di sambas, l’avventuriero, uccise un uomo per via di una bambina, e mori’ combattendo contro venti uomini, dopo essersi battuto eroicamente? (218)
Sono diretti alla Lanterna dos Afogados, al porto, dove la notte e’ piu’ bella. Escono dalla Baixa dos Sapateiros e scendono per la Ladeira do Taboao. Finalmente il Gordo ha scoperto una stella che non si e’ vista mai:
Guarda! Una stella nuova: e’ la mia stella! (341)
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My rating: 3 of 5 stars
Non tutti si nasce Oliver Twist.
Vanno la’, quando non vogliono dormire sulla sabbia del porto, da dove si possono ammirare le enormi navi, le stelle del cielo e il verde misterioso del mare. (89)
Furono anni belli, anni liberi, quelli in cui Antonio e la sua banda dominarono la citta’, mendicando nelle strade, litigando nei vicoli, dormendo sulla riva del mare. (94)
Andava al porto ogni sera e rimaneva la’ a lungo a cercare, ad aspettare dal mare un’indicazione sulla “sua strada”, sulla strada che doveva imboccare. (102)
E penso’ che tutti, vivi e morti, erano molto infelici. Anche quelli che dovevano ancora nascere. Soltanto non riusciva a capire perche’ gli uomini fossero cosi’ infelici. (116)
Antonio prese con se’ il Gordo e fuggi’ sul mare a bordo di un battello da cabotaggio. Andava a cercare nelle fiere, nelle piccole citta’, per terra e per mare, la sua risata, la sua strada, la “strada di casa”. (166)
Sto facendo una corsa con Guma. Su, canta una canzone...
Il canto aiuta il vento e aiuta il mare. Questi sono i segreti che solo un vecchio marinaio conosce, segreti che si apprendono vivendo sul mare. (175)
E chissa’ se non racconteranno poi ai figli e agli amici la storia di Antonio Balduino, il quale fece il mendicante, il boxeur, il compositore di sambas, l’avventuriero, uccise un uomo per via di una bambina, e mori’ combattendo contro venti uomini, dopo essersi battuto eroicamente? (218)
Sono diretti alla Lanterna dos Afogados, al porto, dove la notte e’ piu’ bella. Escono dalla Baixa dos Sapateiros e scendono per la Ladeira do Taboao. Finalmente il Gordo ha scoperto una stella che non si e’ vista mai:
Guarda! Una stella nuova: e’ la mia stella! (341)
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