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Thursday, August 28, 2014

La strada di San GiovanniLa strada di San Giovanni by Italo Calvino
My rating: 3 of 5 stars


Io non riconoscevo ne' una pianta ne' un uccello. Per me le cose erano mute. Le parole fluivano fluivano nella mia testa non ancorate a oggetti, ma ad emozioni fantasie presagi. E bastava un brandello di giornale calpestato che mi finiva tra i piedi ed ero assorto a bere la scrittura che ne sortiva mozza e inconfessabile - nomi di teatri, attrici, vanita' – e gia' la mia mente aveva preso il galoppo, la catena delle immagini non si sarebbe fermata per ore e ore mentre continuavo a seguire in silenzio mio padre, che additava certe foglie di la' da un muro e diceva: “Ypotoglaxia … (18-9)

Ma cio' che muoveva mio padre ogni mattina su per la strada di San Giovanni – e me giu' per la mia via – piu' che dovere di proprietario operoso, disinteresse d'innovatore di metodi agricoli, - e per me, piu' che le definizioni di doveri che via via mi sarei imposto -, era passione feroce, dolore a esistere – cosa se non questo poteva spingere lui a arrampicarsi per i gerbidi e i boschi e me a addentrarmi in un labirinto di muri e carta scritta? - confronto disperato con cio' che resta fuori di noi, spreco di se' opposto allo spreco generale del mondo. (22)

Cos'era stato dunque allora il cinema, in questo contesto, per me? Direi: la distanza. Rispondeva a un bisogno di distanza, di dilazione dei confini del reale, di veder aprirsi intorno delle dimensioni incommensurabili, astratte come entita' geometriche, ma anche concrete, assolutamente piene di facce e situazioni e ambienti, che col mondo dell'esperienza diretta stabilivano una loro rete (astratta) di rapporti. (52)

Continuo a scrutare nel fondovalle della memoria. E la mia paura di adesso e' che appena si profila un ricordo, subito prenda una luce sbagliata, di maniera, sentimentale come sempre la guerra e la giovinezza, diventi un pezzo di racconto con lo stile di allora, che non puo' dirci come erano davvero le cose ma solo come credevamo di vederle e di dirle. (70-1)

… dal fondo dell'opaco io scrivo, ricostruendo la mappa d'un aprico (a solatio) che e' solo un inverificabile assioma per i calcoli della memoria, il luogo geometrico dell'io, di un me stesso di cui il me stesso ha bisogno per sapersi me stesso, l'io che serve solo perche' il mondo riceva continuamente notizie dell'esistenza del mondo, un congegno di cui il mondo dispone per sapere se c'e'. (116)

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