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Wednesday, February 18, 2015

TristanaTristana by Benito Pérez Galdós
My rating: 4 of 5 stars

Sulle intermittenze delle relazioni amorose.

Resta da dire della parentela di Tristana, che’ tale era il nome della bella figliuola, col gran don Lope, … Nel vicinato, e tra le poche persone che venivano in visita o per curiosare, correvano versioni per tutti i gusti. In certi periodi dominava questa o quest’altra opinione su un punto cosi’ importante. Nel giro di due o tre mesi si credette come al Vangelo che la signorina fosse nipote di quel gran signore. Ma ben presto, diffondendosi con rapidita’, si affaccio’ la tendenza a considerarla sua figlia… (7)

Lui (Diaz) portava il mantello, lei (Tristana) la veletta e il cappotto corto e procedevano sottobraccio, dimentichi del mondo e delle sue fatiche e vanita’, vivendo l’uno per l’altra ed entrambi per un io doppio. (50)

Queste aspirazioni d’artista, questi slaci da da superiore incantavano il buon Diaz, il quale, poco dopo l’inizio della loro intimita’, comincio’ a notare che la sua giovane innamorata veniva crescendo ai suoi occhio rimpiccioliva. La cosa, in verita’, lo sorprendeva e quasi lo contrariava un poco, perche’ aveva sognato, in Tristana, la donna subordinata all’uomo in intelligenza e volonta’, la sposa che vive della linfa morale e intellettuale dello sposo e che vede e sente con gli occhi e il cuore di lui. (87)

Horacio ingannava il tempo leggendo il melanconico poeta di Recanati e si soffermava, meditabondo, dinanzi a questo profondo pensiero: E discoprendo, solo il nulla s’accresce… (102)

Ho capito che non devo lamentarmi, che bisogna mettere un freno all’egoismo. Dio m’ha dato anche troppo bene, e non devo essere incontentabile. Merito che tu mi sgridi e mi bastoni, e persino che mi ami un po’ meno (no, per l’amor di Dio!) … (114)

Piccina, io saro’ il tuo umile vassallo: calpestami, sputami in faccia e da’ ordine di frustarmi. (115)

A questa lettera ne seguirono altre in cui l’immaginazione della povera malata si lanciava sfrenata negli spazi dell’ideale, percorrendoli come un destriero senza morso, perseguendo l’impossibile meta dell’infinito senza sentir stanchezza nella sua folle e gagliarda corsa. (151-2)

Nelle sue ultime (lettere), Tristana dimenticava gia’ il vocabolario di cui entrambi solevano fare ingegnoso sfoggio nelle loro intime espansioni orali o scritte. … Tutto questo le si cancello’ dalla memoria, come o’ svanendo la persona stessa di Horacio, sostituita da un essere ideale, parto temerario del suo pensiero: un essere in cui si riassumevano tutte le bellezze visibili e invisibili. (154)

L’effetto che questo miscuglio di vaneggiamenti e di ragionamenti sottili faceva a Horacio e’ facile da immaginare. Si vide trasformato in un essere ideale, e a ogni lettera che riceveva gli nascevano dubbi sulla sua stessa personalita’, tanto che giunse all’incredibile estremo di domandarsi se egli fosse com’era o come lo dipingeva, con la sua penna indomita, la visionaria ragazza di don Lepe. (157)

Erano felici, quei due? … Forse.


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