Carlo Magno: Il signore dell'Occidente by Dieter Hägermann
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… puo’ essere utile ascoltare le sagge parole scritte da Michel de Montaigne nel secondo libro dei suoi Essais: “Dunque per questo, quando si giudica una singola azione, bisogna considerare il suo contesto e l’uomo, in tutte le sue sfaccettature, che l’ha compiuta, prima di giudicarla”. (554)
“Con il tempo, infatti, i grandi uomini sono liberati da ogni dubbio sul loro valore, da ogni conseguenza dell’odio di coloro che hanno sofferto a causa loro. Anzi, spesso sono idealizzati nei modi piu’ svariati, come nel caso di Carlo Magno, l’eroe, il principe e il santo”. (Jacob Burckhardt) (556)
La preoccupazione per i libri e per la robustezza della loro rilegatura e copertina, che dovevano reggere all’uso frequente, era pari a quella per il benessere corporale dei monaci ed entrambe erano una manifestazione di quella particolare forma di pensiero che si e’ soliti definire “razionalismo carolingio”. Con queste disposizioni si manifesta infatti una sorta di ragion pratica che fu caratteristica dell’attivita’ di governo di Carlo Magno… (56)
… e’ da notare lo sforzo con il quale Carlo cerco’ di legare alla sua corte importanti scienziati, eccellenti autori, conoscitori della cultura antica e della patristica: insomma, ogni personalita’ di rilievo. Si tratto’ di un elemento caratteristico della sua politica, che lo eleva ben al di sopra della figura di semplice conquistatore o di eroe di guerra; fu proprio questo, in fondo, a creare quella sintesi franco-romano-cristiana che ha dato al Medioevo europeo una base del tutto peculiare. (64)
In un’epoca come quella di cui stiamo parlando, assai povera di registrazioni scritte, la validita’ degli atti giuridici era garantita da gesti dall’alto valore simbolico. Per esempio, quando il re liberava una persona spesso gettava anche una moneta. Oppure, quando un campo era comprato o venduto, veniva consegnata una zolla di terra. Gli stessi documenti erano spesso percepiti soprattutto come simboli di un atto giuridico e la loro consegna pubblica era necessaria per dare efficacia al contratto che sancivano. (175)
Nonostante gli screzi che potevano occasionalmente sorgere, l’alleanza politico-religiosa con il successore di san Pietro, resa evidente dall’unzione dei figli di Carlo e dalla sua incoronazione, costituiva il secondo elemento portante della monarchia carolingia, assieme all’elezione regia e alla sua approvazione da parte dei grandi, che si ricollegavano all’antica tradizione del popolo franco. (197)
Proprio in questo santissimo giorno di Natale del Signore il papa pose sul capo del re una corona, mentre durante la messa si stava alzando davanti alla confessio di san Pietro, e cosi’ egli fu acclamato da tutto il popolo romano: “Vita e vittoria a Carlo, pacifico imperatore dei Romani incoronato da Dio”. E dopo le laudes gli fu reso onore dal signore apostolico secondo l’uso degli antichi imperatori (con la proskynesis) e, dopo che ebbe lasciato il nome di patrizio, fu chiamato imperator e augustus. (318)
Con l’innalzamento di rango del re franco, con l’accettazione del nome di imperatore da parte di Carlo, non si ristabiliva forse l’ordine voluto da Dio, che secondo Agostino esigeva una coincidenza tra il nome e la cosa, tra il nomen e la res, una coincidenza in base alla quale all’unico e potentissimo signore dell’Imperium christianum doveva assolutamente essere assegnato il titolo di imperatore? (322)
Carlo, dunque, non si limito’ ad accumulare territori disparati e a tenerli assieme attraverso la religione e il potere regio, cosi’ come hanno fatto i dittatori antichi e moderni. Il ricordo del suo intento di sviluppare uno stato che, sulla base di norme giuridiche e dell’etica cristiana, fosse orientato in modo speciale alla difesa dei deboli, della Chiesa, delle vedove, degli orfani, rimase indelebile per tutto il Medioevo e per le generazioni successive. Fu tale intento a permettere a Carlo di assurgere a esempio luminoso nei giorni oscuri dei secoli successivi. (340)
Pertanto, al contrario di quanto e’ stato spesso sostenuto, l’eta’ di Carlo era ben lontana da qualsiasi forma di economia arcaica, o addirittura dell’”eta’ della pietra”. Lo dimostra gia’ il semplice fatto che in tutto l’impero fosse coniata un’unica moneta, il denaro d’argento, l’euro dell’Europa cristiana del tempo. (377)
Cio’ che distinse nettamente l’incoronazione di Ludovico il Pio da quella di Carlo avvenuta il giorno di Natale dell’800 fu l’assenza del papa, il coronator, e del popolo di Roma, l’acclamator. In tal modo l’Impero occidentale in quanto istituzione autonoma recise le sue radici romano-papali. … L’acclamazione davvero necessaria e giuridicamente importante divenne quella dei grandi dell’Impero. (495)
L’arte del governo nell’eta’ di Carlo e per tutto l’alto Medioevo fu sempre un’”arte dell’accomodamento” tra il re e le famiglie piu’ potenti, i principali clan nobiliari dell’Impero, un’arte che permise di raggiungere una certa stabilita’ politica nell’interesse della monarchia. (551)
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