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Friday, May 1, 2015

I racconti della KolymaI racconti della Kolyma by Varlam Shalamov
My rating: 4 of 5 stars

Tutti i sentimenti umani - l’amore, l’amicizia, l’invidia, l’umanità, la carità, il desiderio di gloria, l’onestà - li avevamo persi insieme alla carne di cui il lungo periodo di fame ci aveva privati. Nell’insignificante strato muscolare che ancora ricopriva le nostre ossa, che ancora ci dava la possibilità di mangiare, di muoverci e respirare e persino di segare tronchi e ammucchiare con una vanga pietre e sabbia nelle carriole, e persino di trascinare quelle carriole lungo la passerella senza fine di una cava d’oro, lungo la stretta strada di legno che porta al bacile di lavaggio - in quello strato muscolare non si trovava ormai altro che rabbia, il più durevole dei sentimenti umani. (43)

Avevamo imparato la rassegnazione, avevamo disimparato a sorprenderci. Non avevamo orgoglio, egoismo ne’ amor proprio, gelosia e passione ci parevano concetti marziani e, per di piu’, sciocchezze. Ben piu’ importante era imparare ad abbottonarsi i pantaloni d’inverno, col gelo: c’erano uomini adulti che piangevano quando a volte non ci riuscivano. Capivamo che la morte non era in nulla peggiore della vita e non avevamo paura ne’ dell’una ne’ dell’altra. Una grande indifferenza si era impadronita di noi.

Capivamo che verita’ e menzogna sono sorelle, che al mondo esistono migliaia di verita’... (44)

C’era ancora una via all’immortalita’, quella di Tjutcev:
Beato chi ha visitato il mondo
nei suoi attimi fatali. (71)

Non e’ stata la mano a fare un uomo della scimmia, non e’ stato l’embrione del cervello, non e’ stata l’anima: ci sono cani e orsi che agiscono in modo piu’ intelligente e morale dell’uomo. E non e’ stato l’assoggettamento della forza del fuoco: tutto questo e’ avvenuto dopo che si era realizzata la condizione essenziale della sua metamorfosi. Un giorno, in altre condizioni di vita, uguali per tutti, l’uomo si e’ rivelato piu’ forte, fisicamente piu’ resistente di ogni altro animale. (94-5)

L’uomo non vive perche’ crede in qualcosa, perche’ spera in qualcosa. E’ l’istinto di conservazione che lo preserva, come preserva ogni animale. (132)

… un ingenuo sentimento di giustizia e’ radicato nell’uomo e forse e’ inestirpabile. Ci si potrebbe chiedere: perche’ offendersi? Arrabbiarsi? Indignarsi? Quella maledetta perquisizione era il millesimo caso. Ma nel fondo degli animi qualcosa ribolliva, piu’ forte della volonta’, piu’ forte dell’esperienza. I volti dei detenuti erano scuri di collera. (280)

L’amore non torno’. Ah, com’e’ lontano l’amore dall’invidia, dalla paura, dalla rabbia. Com’e’ poco necessario all’uomo! L’amore viene quando tutti gli altri sentimenti umani sono gia’ tornati. L’amore arriva per ultimo, torna per ultimo, se davvero ritorna. (289)

Oppure L’uccellino di Puskin:
Ieri ho aperto la prigione
del mio etereo prigioniero.
Ai boschi ho restituito il canto,
ridandogli la liberta’. (332)

… la solita scritta: “Il lavoro e’ una questione d’onore, di gloria, di coraggio e di eroismo”. (359)

L scale di grandezza sono state sconvolte e qualsiasi concetto umano, pur conservando la propria grafia, il proprio aspetto sonoro, il consueto insieme di lettere e di suoni, racchiude in se’ qualcosa di diverso, che sul continente non ha nome; qui ci sono metri diversi, usi e costumi particolari, e il senso di ogni parola e’ cambiato. (405)

Krivosej ti poteva rispondere con quella bella espressione del lager: “Se non ci credi, prendila per una favola!”. (427)

Gli stivali che ho
fan passare l’H2O. (476)

La differenza tra un furfante e una persona onesta sta in questo: quando un furfante va a finire in galera innocente, crede di essere il solo a non avere colpe, mentre gli altri sono tutti nemici dello Stato e del popolo, tutti delinquenti e mascalzoni. Un uomo onesto, se finisce in galera, pensa che, visto che hanno messo in gabbia lui innocente, la stessa cosa puo’ essere successa al suo vicino di branda.
In questo stanno “Hegel e la saggezza dei libri, e il senso di tutta la filosofia” degli avvenimenti del 1937. (491)

Ecco, e’ tutto: la luce tagliente della lampada alla stazione di Irkutsk, e lo speculatore che si portava dietro fotografie altrui come camuffamento e il vomito che la gola del giovane tenente rovescio’ sulla mia cuccetta, e la prostituta triste sulla terza cuccetta dello scompartimento dei ferrovieri, e il bambino di due anni, tutto sporco, che gridava felice “papa’! papa’!” - questo e’ tutto, e mi e’ rimasto impresso come la prima gioia, l’ininterrotta gioia della “liberta’”. (551)

Il libro era sparito. Chi avrebbe letto quella strana prosa quasi priva di peso, come pronta a volare nel cosmo, dove tutte le proporzioni sono spostate, alterate, dove non ci sono grande e piccolo? Di fronte alla memoria, come di fronte alla morte, tutti sono uguali, e l’autore ha il diritto di ricordare l’abito della serva e dimenticare i gioielli della padrona. Gli orizzonti dell’arte verbale sono stati straordinariamente allargati da questo romanzo. Io, una della Kolyma, un detenuto, ero stato trasportato in un mondo perduto da tempo, in abitudini altrui, dimenticate, inutili. Il tempo per leggere l’avevo. Facevo l’infermiere al turno di notte. Ero stato sopraffatto dai Guermantes. Dai Guermates, dal quarto volume, avevo fatto la conoscenza di Proust. (566)


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