Arte del descrivere: scienza e pittura nel Seicento olandese by Svetlana Alpers
My rating: 4 of 5 stars
Senza l’occhio umano l’universo e’ buio.
Non riesco a vedere lontano se abito in una pianura e voglio scoprire e descrivere cosa vive al di la’, ma se abito tra le vette vivo nel limite del mio orizzonte e rimpiango solo se al di la’ di quelle vette degli dei scrivono libri che mai leggero’.
L’arte italiana e’ narrativa, nel senso che da’ consistenza visiva a quel che si trova scritto nei libri, nella storia sacra e nelle leggende degli antichi. L’arte nordica, e quella olandese in particolare, e’ invece descrittiva, nel senso che rappresenta la realta’ cosi’ come essa e’. (copertina)
(Svetlana Alpers) Arriva in questo modo a ipotizzare una centralita’ della vista, del vedere, come strumento di conoscenza nella cultura olandese del Seicento, rispetto a una presunta centralita’ del pensiero, della scrittura, della storia nella cultura italiana. (xiv)
Nel riferirmi all’idea di arte nel Rinascimento italiano, ho in mente la definizione albertiana di quadro: una superficie o una tavola incorniciata, posta a una certa distanza da un osservatore che guarda, attraverso di essa, un mondo altro o sostitutivo. Nel Rinascimento questo mondo era un palcoscenico su cui figure umane recitavano azioni significanti basate su testi di poeti. E’ un’arte narrativa. (5)
I ritratti, le nature morte, i paesaggi e le raffigurazioni della vita quotidiana colgono momenti di piacere in un mondo pieno di piaceri: quelli dei legami familiari, delle cose possedute e della vita in citta’, le chiede, la campagna. In queste immagini, … il Seicento ci appare come una lunga domenica dopo i giorni turbolenti del secolo precedente. L’arte olandese offre appagamento alla vista e sembra sollevare meno domande di quanto non faccia l’arte italiana. (8)
Giacche’, come intendo dimostrare, le immagini nordiche non mascherano significati, ne’ li nascondono dietro la superficie, ma mostrano piuttosto che il significato si trova per sua natura in cio’ che l’occhio e’ in grado di cogliere, per quanto ingannevole possa essere. (12)
O Tu che dai gli occhi e il potere
Da’ occhi con questo potere:
Occhi che, se resi vigili,
Vedono tutto cio’ che e’ da vedere. (35)
… l’impressione che il mondo si depositi da se’, con i suoi colori e la sua luce, sulla superficie pittorica; la mancanza di un preciso punto d’osservazione, come se lo spettatore percepisse ogni cosa con occhio attento, ma senza lasciare traccia di se’. La Veduta di Delft di Vermeer ne e’ un esempio perfetto. (45)
… Keplero non solo definisce l’immagine sulla retina una rappresentazione, ma sposta la sua attenzione dal mondo reale al mondo ‘dipinto’ sulla retina. Tutto questo implica un’estrema oggettivita’ e la rinuncia a formulare giudizi di valore sul mondo cosi’ rappresentato. (56)
L’idea della mente come luogo dove immagazzinare le immagini visive era ovviamente comune a quell’epoca. Ma solo nell’Europa del Nord gli artisti raffigurarono questo stato mentale. Comunque si voglia giudicarle, la mancanza di uno stile ideale o elevato e la tendenza a un approccio descrittivo anche nel caso di soggetti elevati, sono dovute a questo modo di intendere la rappresentazione. (60)
Or non vedi tu che l’occhio abbraccia la bellezza di tutto il mondo? (65)
… cosi anche gli artisti olandesi hanno la passione per l’attenzione visiva. Infatti le loro opere sono rivolte agli stessi oggetti che attiravano l’attenzione di Beeckman: le nuvole gonfie di Ruisdael, alte sulla campagna, il guizzare di una candela o le pagine arricciate dei libri in pile che le nature morte di Leida fissano per il piacere dei nostri occhi; i cadaveri dipinti dai ritrattisti, per i quali la morte si presenta sotto forma di una lezione di anatomia. (148)
Nel descrivere che cosa vedono gli occhi degli animali o degli insetti, egli (Leeuwenhoek) richiama piu’ volte l’attenzione sul fatto che il mondo e’ conosciuto non in virtu’ della sua visibilita’, ma in virtu’ dei particolari strumenti che lo rendono visibile. (156-7)
Non facciamo nessuna scoperta se diciamo che l’arte olandese in genere condivide quel carattere nominativo e rappresentativo che veniva attribuito anche al linguaggio. Abbiamo pero’ un motivo ulteriore per fissare la nostra attenzione, come facevano appunto gli artisti olandesi, sulla descrizione della realta’, piuttosto che indagare sui significati nascosti dietro la superficie. (170)
L’intento dei pittori olandesi era di fissare su una superficie il maggior numero di conoscenze e di informazioni sul mondo visibile. Anch’essi, come i cartografi, affiancano immagini e parole, e costruiscono opere composite, che non si lasciano cogliere da un singolo punto d’osservazione. La loro tela non e’ una finestra secondo il modello italiano, ma assomiglia piuttosto a una carta geografica, a una superficie su cui e’ esposta una costruzione del mondo. (198)
Con l’aiuto della terminologia cartografica possiamo dunque affermare che la pittura nordica prende la via della descrizione, e non quella della persuasione retorica abbracciata dall’arte italiana. (208)
Uno dei motivi conduttori della nostra ricerca e’ che l’arte olandese, essenzialmente descrittiva, taglia i ponti con queste basi letterarie. La sua insistenza sul sapere visivo e sulla maestria tecnica dell’artista denota una cultura dell’immagine autonoma rispetto alle fonti letterarie. (277)
Nel suo bel saggio su Vermeer, Lawrence Gowing commenta in questi termini la qualita’ centrale della sua arte:
Vermeer si trova fuori dalle nostre convenzioni (quelle, s’intende, relative all’arte italiana) perche’ non puo’ condividere la grande illusione che le sostiene: che lo stile abbia un potere reale sulla vita. Per quanto un artista ami il mondo e cerchi di afferrarlo, in realta’ non potra’ mai farlo suo. Per quanta audacia possa muovere il suo occhio insaziabile e dominatore, le vere forme della vita restano intatte. (367)
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Saturday, June 27, 2015
La fortuna dei Rougon by Émile Zola
My rating: 5 of 5 stars
Io voglio spiegare come una famiglia, un piccolo gruppo di persone, si comporta in una societa’, sviluppandosi per dar vita a dieci, a venti individui che, a prima vista, sembrano profondamente diversi, ma che, analizzati, si rivelano intimamente connessi gli uni agli altri. Come in fisica la gravita’, cosi’ l’eredita’ ha le sue leggi. (3)
Secondo l’opinione comune, i Rougon-Macquart rivelavano la loro vera natura divorandosi tra loro; (131)
Lontano si snodavano le strade maestre, tutte bianche per il chiarore lunare. La colonna degli insorti, nella campagna fredda e chiara, riprese la sua marcia eroica. Era come un’ampia corrente d’entusiasmo. Il soffio di epopea che trascinava Miette e Silvere, questi grandi fanciulli avidi di amore e di liberta’, faceva dileguare, con una generosita’ sublime, le commedie vergognose dei Macquart e dei Rougon. (183)
Pascal fissava uno sguardo penetrante sula demente, su suo padre, su suo zio; il distacco dello studioso aveva il sopravvento: studiava quella madre e quei figli con l’attenzione di un naturalista che osserva le metamorfosi d’un insetto. E pensava a quella discendenza d’una famiglia, d’un ceppo da cui dipartono rami diversi, e la cui linfa acre trasporta gli stessi germi fin nei ramoscelli piu’ lontani, curvati in modo diverso a seconda che si trovino all’ombra o al sole. Per un istante, come alla luce d’un lampo, a Pascal sembro’ di vedere il futuro dei Rougon-Macquart, come una muta di cani lanciati contro la preda e satollati, in uno sfavillio d’oro e di sangue. (340-1)
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My rating: 5 of 5 stars
Io voglio spiegare come una famiglia, un piccolo gruppo di persone, si comporta in una societa’, sviluppandosi per dar vita a dieci, a venti individui che, a prima vista, sembrano profondamente diversi, ma che, analizzati, si rivelano intimamente connessi gli uni agli altri. Come in fisica la gravita’, cosi’ l’eredita’ ha le sue leggi. (3)
Secondo l’opinione comune, i Rougon-Macquart rivelavano la loro vera natura divorandosi tra loro; (131)
Lontano si snodavano le strade maestre, tutte bianche per il chiarore lunare. La colonna degli insorti, nella campagna fredda e chiara, riprese la sua marcia eroica. Era come un’ampia corrente d’entusiasmo. Il soffio di epopea che trascinava Miette e Silvere, questi grandi fanciulli avidi di amore e di liberta’, faceva dileguare, con una generosita’ sublime, le commedie vergognose dei Macquart e dei Rougon. (183)
Pascal fissava uno sguardo penetrante sula demente, su suo padre, su suo zio; il distacco dello studioso aveva il sopravvento: studiava quella madre e quei figli con l’attenzione di un naturalista che osserva le metamorfosi d’un insetto. E pensava a quella discendenza d’una famiglia, d’un ceppo da cui dipartono rami diversi, e la cui linfa acre trasporta gli stessi germi fin nei ramoscelli piu’ lontani, curvati in modo diverso a seconda che si trovino all’ombra o al sole. Per un istante, come alla luce d’un lampo, a Pascal sembro’ di vedere il futuro dei Rougon-Macquart, come una muta di cani lanciati contro la preda e satollati, in uno sfavillio d’oro e di sangue. (340-1)
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Sunday, June 14, 2015
Sudore by Jorge Amado
My rating: 4 of 5 stars
Al 68 della Ladeira do Pelourinho la coda del diavolo (nummer sechs) gioca sull’otto volante (nummer acht).
Oppure: Ночь на лысой горе.
(La notte di San Giovanni s’avvicina).
Nella mia casa, lassu’, a Babele (בבל), non ci sono altre parole…
Nelle 116 camere, piu’ di 600 persone. Un mondo. Un mondo fetido, senza igiene e morale, con topi, parolacce e gente. Operai, soldati, araba dalla parlantina rovesciata, venditori ambulanti, ladri, prostitute, sartine, scaricatori, gente di ogni colore, di ogni luogo, con ogni abbigliamento, affollavano l’edificio. (14)
Facevano una vita piacevole nella sporcizia della strada e portavano messaggi per guadagnarsi qualche soldo. Si credevano liberi - senza scuola e senza prima comunione, senza scarpe che scrocchiavano, e, senza bagno quotidiano, con una vita non sempre soddisfacente ma in compenso allegra e divertente. (34)
Accese la candela, prese il violino e incomincio’ a eseguire l’Elegie di Massenet. Con grande soddisfazione, s’accorse di non averla dimenticata. Non vide piu’ nulla. Le melodie riempirono il solaio senza elettricita’, che spandeva odore di piscio. (84)
Di poche persone del numero 68 gli inquilini sapevano il cognome. Alcuni avevano solo dei soprannomi. Della ragazza vestita d’azzurro non sapevano ne’ il nome ne’ il cognome ma supponevano che gli avesse. Senza dubbio, un nome bello e un cognome importante. (133)
… e discese la scala dove i topi, indifferenti, andavano e venivano nelle loro scorribande. (148)
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Al 68 della Ladeira do Pelourinho la coda del diavolo (nummer sechs) gioca sull’otto volante (nummer acht).
Oppure: Ночь на лысой горе.
(La notte di San Giovanni s’avvicina).
Nella mia casa, lassu’, a Babele (בבל), non ci sono altre parole…
Nelle 116 camere, piu’ di 600 persone. Un mondo. Un mondo fetido, senza igiene e morale, con topi, parolacce e gente. Operai, soldati, araba dalla parlantina rovesciata, venditori ambulanti, ladri, prostitute, sartine, scaricatori, gente di ogni colore, di ogni luogo, con ogni abbigliamento, affollavano l’edificio. (14)
Facevano una vita piacevole nella sporcizia della strada e portavano messaggi per guadagnarsi qualche soldo. Si credevano liberi - senza scuola e senza prima comunione, senza scarpe che scrocchiavano, e, senza bagno quotidiano, con una vita non sempre soddisfacente ma in compenso allegra e divertente. (34)
Accese la candela, prese il violino e incomincio’ a eseguire l’Elegie di Massenet. Con grande soddisfazione, s’accorse di non averla dimenticata. Non vide piu’ nulla. Le melodie riempirono il solaio senza elettricita’, che spandeva odore di piscio. (84)
Di poche persone del numero 68 gli inquilini sapevano il cognome. Alcuni avevano solo dei soprannomi. Della ragazza vestita d’azzurro non sapevano ne’ il nome ne’ il cognome ma supponevano che gli avesse. Senza dubbio, un nome bello e un cognome importante. (133)
… e discese la scala dove i topi, indifferenti, andavano e venivano nelle loro scorribande. (148)
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Saturday, June 13, 2015
La vetta degli Dei - vol. 5 by Jirō Taniguchi
My rating: 3 of 5 stars
"... e se non
riusciro' a camminare
coi miei occhi..."
"... se non
riusciro' a
camminare
in nessun
modo..."
"... se davvero
non ci saro' piu'
niente da fare..."
"... se non riusciro' a
muovermi neanche
sfruttando tutta
la forza che mi e'
rimasta in corpo..."
"... continuero'
a crederci..."
"... provero'
con tutta
l'anima."
"Con tutta la
mia anima." (88-9)
"Ho fatto un
sogno."
"Ho sognato
la vetta." (114)
"Perche'
continuo a
marciare?"
...
"Perche' lo
faccio?" (211)
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My rating: 3 of 5 stars
"... e se non
riusciro' a camminare
coi miei occhi..."
"... se non
riusciro' a
camminare
in nessun
modo..."
"... se davvero
non ci saro' piu'
niente da fare..."
"... se non riusciro' a
muovermi neanche
sfruttando tutta
la forza che mi e'
rimasta in corpo..."
"... continuero'
a crederci..."
"... provero'
con tutta
l'anima."
"Con tutta la
mia anima." (88-9)
"Ho fatto un
sogno."
"Ho sognato
la vetta." (114)
"Perche'
continuo a
marciare?"
...
"Perche' lo
faccio?" (211)
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Il cuore delle cose by Natsume Sōseki
My rating: 4 of 5 stars
Seguendo il sentiero, nell’ora del crepuscolo, che conduce alla morte degli dei ‘il cuore delle cose’ (kokoro) illustra l’intramontabile domanda: cosa resta?
Il mio dubbio andava oltre. Da dove veniva la rassegnazione del maestro nei confronti del genere umano? Era forse solo il risultato di una fredda osservazione del mondo attuale, e una riflessione su se stesso? E se una persona era riflessiva, intelligente e lontana dal mondo come il maestro, era inevitabile arrivare alle sue conclusioni? (64)
Scomparsi il cane e i bambini, il vasto giardino dalle giovani foglie era tornato tranquillo. Noi rimanemmo per un po’, senza muoverci, come sospesi in quel silenzio. Il bel colore del cielo comincio’ allora a prendere luminosita’. Gli alberi che avevamo davanti, quasi tutti aceri, e le leggere foglie verdi che spuntavano come gocce dai rami sembravano diventare via via piu’ scuri. Si sentiva in lontananza il rotolio delle ruote dei carri, e io immaginavo che fosse l’andirivieni della gente di campagna che portava a qualche mercato piante e verdure. A quel suono, il maestro si alzo’, quasi ritornasse alla vita dopo una profonda meditazione. (95)
Il fatto e’ che, per K, il passato era una cosa tanto sacra che non poteva venire gettato via come un vestito smesso. Si puo’ dire che il passato fosse stata la sua vita, e negarlo avrebbe significato togliere qualsiasi scopo agli anni che aveva vissuto. (248)
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My rating: 4 of 5 stars
Seguendo il sentiero, nell’ora del crepuscolo, che conduce alla morte degli dei ‘il cuore delle cose’ (kokoro) illustra l’intramontabile domanda: cosa resta?
Il mio dubbio andava oltre. Da dove veniva la rassegnazione del maestro nei confronti del genere umano? Era forse solo il risultato di una fredda osservazione del mondo attuale, e una riflessione su se stesso? E se una persona era riflessiva, intelligente e lontana dal mondo come il maestro, era inevitabile arrivare alle sue conclusioni? (64)
Scomparsi il cane e i bambini, il vasto giardino dalle giovani foglie era tornato tranquillo. Noi rimanemmo per un po’, senza muoverci, come sospesi in quel silenzio. Il bel colore del cielo comincio’ allora a prendere luminosita’. Gli alberi che avevamo davanti, quasi tutti aceri, e le leggere foglie verdi che spuntavano come gocce dai rami sembravano diventare via via piu’ scuri. Si sentiva in lontananza il rotolio delle ruote dei carri, e io immaginavo che fosse l’andirivieni della gente di campagna che portava a qualche mercato piante e verdure. A quel suono, il maestro si alzo’, quasi ritornasse alla vita dopo una profonda meditazione. (95)
Il fatto e’ che, per K, il passato era una cosa tanto sacra che non poteva venire gettato via come un vestito smesso. Si puo’ dire che il passato fosse stata la sua vita, e negarlo avrebbe significato togliere qualsiasi scopo agli anni che aveva vissuto. (248)
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