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L'AZZURRO DEL CIELO (****)
E' essenziale per noi affrontare il pericolo che la letteratura rappresenta. (p. V)
Mi sedetti ad un tavolo di gente che conoscevo poco. Avevo l'impressione di essere importuno, ma non me ne andavo. Gli altri parlavano con la massima serieta' d'ogni cosa che era avvenuta e di cui era utile essere informati: mi apparivano tutti di una realta' precaria, con il cranio vuoto. (p. 31)
C'erano le stelle, un numero infinito di stelle. ... I miei occhi non si perdevano piu' nelle stelle, che brillavano sopra di me realmente, ma nell'azzurro del cielo di mezzo giorno. Li chiudevo per perdermi in quell'azzurro vivo, lucente ... (p. 70)
STORIA DELL'OCCHIO (***)
... due celebri quadri di Valdes Leal raffiguravano cadaveri in putrefazione: nell'orbita oculare di un vescovo stava entrando un enorme topo di fogna ... (p. 137)
... questa esaltazione e' piu' grande di quanto l'immaginazione possa raffigurare, supera tutto. Ma e' la solitudine e l'assenza di senso che la fondano. (p. 150)
Vanitas vanitatum omnia vanitas
MADAME EDWARDA (**)
Della bellezza, gli asceti dicono che e' il tranello del diavolo: solo la bellezza infatti rende sopportabile un bisogno di disordine, di violenza e indegnita' che e' la radice dell'amore. (p. 157)
La sua presenza aveva l'inintelligibile semplicita' di una pietra: nel cuore della citta', avevo la sensazione d'essere la notte sulla montagna, in mezzo a solitudini senza vita. (p. 167)
IL PICCOLO (***)
In cio' che ha di intimo, di dolce, di disinteressato, la societa' si fonda sul male: essa e' come la notte, fatta di angoscia. (p. 179)
L'uomo ha sete del male, della colpevolezza, ma non osa (o non puo') dargli la propria anima, ricorre alla vita obliqua, alla nevrosi, al riso ecc ... (p. 184)
Dio neanche per un istante e' costretto a pensare, per questo non puo' essere. (p. 189)
Scrivere e' ricercare la sorte.
La sorte anima le piu' piccole parti dell'universo: lo scintillio delle stelle e' il suo potere, un fiore dei campi il suo incantesimo. (p. 211)
L'IMPOSSIBILE (*****)
Camminare, durante una tormenta, lungo un sentiero di montagna senza attrattive, non e' distensione (sembra piu' una regione d'essere). (p. 224)
Il gufo sorvola, al chiaro di luna, un campo dove gridano dei feriti.
Cosi' nella notte sorvolo la mia sventura. (p. 232)
Quella notte non pensavo alle memorie dei miei avi, che le nebbie degli acquitrini trattenevano nel fango, l'occhio asciutto e il labbro assottigliato dall'angoscia. Prendendosi dalla durezza della loro condizione il diritto di maledire gli altri, ricavando dalla sofferenza e dalla propria asprezza il principio informatore del mondo. (p. 237)
La liberta' e' niente se non e' liberta' di vivere sull'orlo di limiti in cui ogni comprensione si disgrega. (p. 240)
I lati obliqui dell'essere, da dove sfugge alla povera semplicita' della morte, non si rivelano il piu' delle volte che alla lucidita' indifferente: l'allegra cattiveria dell'indifferenza e' la sola a raggiungere quei lontani limiti in cui perfino il tragico e' senza pretese. E' anche tragico, ma non e' schiacciante. (p. 250)
Se Dio non esiste, quel lamento straziato nella tua solitudine e' l'estremo limite del possibile: in questo senso, non esiste elemento dell'universo che non gli sia subordinato! mentre esso stesso non e' subordinato a nulla, domina tutto pur essendo fatto di una coscienza d'impotenza infinita: del sentimento dell'impossibile, precisamente! (p. 269)
Quello che e' certo il fondo dei mondi: un'ingenuita' sconvolgente, l'abbandono senza limite, un'esuberanza ebbra, un violento -che importa- ... (p. 287)
Non mi rinchiudo nell'idea della sventura. Immagino la liberta' di una nuvola che riempie il cielo, facendosi e disfacendosi con una rapidita' senza fretta, traendo dall'inconsistenza e dalla lacerazione il potere d'invadere. Cosi' della mia dolorosa riflessione che senza l'estrema angoscia sarebbe stata greve, posso dirmi che mi concede, nel momento in cui sto per soccombere, il dominio ... (p. 296)
La verita' della vita non puo' essere separata dal suo contrario e se fuggiamo l'odore della morte, 'lo smarrimento dei sensi' ci riconduce all'appagamento che ad esso si lega. (p. 299)
Ricordo a Tilly la mia curiosita' per i borghigiani, dopo le piogge, il fango, il freddo ... Ero felice di ascoltare la loro vita, scarabocchiando sul mio taccuino, a letto in una camera sporca (e gelida). (p. 315)
... da una parte il soggetto IO
e dall'altra l'oggetto
universo poltiglia di nozioni morte
dove IO getta piangendo gli avanzi
le impotenze
i singulti
i discordanti strilli di gallo delle idee
nulla! (p. 328)
La poesia non e' una conoscenza di se stessi, ancora meno l'esperienza di un lontano possibile (di cio' che prima non era) ma la semplice evocazione attraverso le parole di possibilita' inaccessibili. (p. 337)
L'ABATE C. (***)
La fascinazione del sonno, che risponde col richiamo del vuoto all'ostinarsi di una volonta' impotente, e' una prova che la vita, forse, non ha mai superato. (p. 356)
La cosa peggiore era trovarsi al punto in cui, per un'oscura fatalita', ogni cosa e' spinta all'estremo, e nello stesso tempo sentirsi lasciato in disparte dalla vita. (p. 389)
In un moto di malevola ironia, mi trovavo come a rovescio, ma il rovescio ha, rispetto al diritto, il vantaggio di non poter sembrare vero. (p. 404)
... e pensai che ero vivo solo per meglio sapere d'esser morto. (p. 416)
Non c'e' cosa umana che non serva da tranello a tutti gli uomini: non possiamo evitare che ogni nostro pensiero ci illuda e abbia, per poco che la memoria ci assista, il solo effetto di darci, di li' a poco, motivo di ridere. Persino le nostre grida piu' alte sono destinate all'irrisione, chi le sente smette presto di preoccuparsene, quelli che gridarono si stupiscono di aver gridato. (p. 420)
Rimasi a lungo alla finestra: era di un orrore quanto meno fastidioso. L'Universo interno mi pareva malato... (p. 429)
L'unico modo per riscattare la colpa di scrivere e' distruggere quanto si e' scritto. ... anche se la distruzione non intacca l'essenziale pure posso legare cosi' intimamente l'affermazione alla negazione che la penna via via cancella quello che ha affermato. (p. 440)
Di solito il delitto le appare sotto forma di destino, di fatalita' ineluttabile. La vittima? Sicuro, ma la vittima non e' maledetta: soccombe semplicemente al caso: la fatalita' si abbatte solo sul criminale. E quindi sull'essere sovrano pesa una servitu' che lo opprime, e la condizione degli uomini liberi e' la servilita' voluta. (p. 448)
IL MORTO (**)
Il tempo aveva negato le leggi a cui sottomette la paura. (p. 475)
JULIE (****)
Chi attende finisce per consegnarsi a una verita' odiosa: se attende, e' perche' egli stesso e' l'attesa. L'uomo e' attesa. Di non si sa cosa - che non verra'. (p. 499)
Allo stesso modo che un turbine di polvere annuncia il temporale, una sorta di vuoto aperto alle affannate moltitudini annunciava il passaggio a un tempo di catastrofi deprimenti ma senza limiti.
...
Una guerra e' in qualche modo come un sogno, che ci fa calare nell'opacita' del sonno prima che entrino in gioco figure smisurate di incubo. (p. 505)
Gli uomini si svegliano alla coscienza integrati a un mondo sensato.
Nella moltitudine, uno solo - distaccato dal senso - interroga il vuoto, dove non sa piu' che cosa sta a fare, ne' quello che fa la moltitudine.
Ma un giorno la risposta e' donna.
Egli non interroga piu', con sgomento, la notte.
In quel sogno dove, a un tratto, si sa perduto, dice:
- Io cercavo... cio' che amo! (p. 541)
Ieri ero il bambino abbandonato dalla sorte nel profondo dei boschi. Oggi sono il fuoco - divorato - che divora. E sono fuoco nel misurarmi a chi mi arde.
...
La mia riflessione, venuta dalla filosofia di tutti i tempi, che si prolungava nella solitudine del mio scialbo essere, si tramutava di colpo in accecamento: folgorato ma col cuore martellante, col sangue alla testa, non mi trovavo piu' in quel vuoto dove il pensiero si estenua in svolgimenti infiniti, ma nell'attesa divina di una folgore e di una febbre piu' grandi. Cio' che si tendeva in me era allora il movimento fisico della mia vita. (p. 542)
Senza una tale connivenza con la morte non avrebbe saputo oltrepassare il limite immaginabile come faceva, accedere alla perdita del sentimento, a quel puro adempimento del non-senso, che e' la limpidezza dell'amore. (p. 545)
MIA MADRE (**)
All'infinito la vecchiaia rinnova il terrore. E senza fine riporta l'essere al principio. Il principio che all'orlo della tomba intravedo e' il porco che in me ne' morte ne' ingiuria possono uccidere. Il terrore sull'orlo della tomba e' divino e mi sprofondo nel terrore di cui sono figlio. (p. 549)
Dio e' l'orrore in me di cio' che fu, di cio' che e' e di cio' che sara' talmente orribile che a tutti i costi dovrei negare e a tutta forza urlare ch'io nego che cosi' fu, che cosi' e' e che cosi' sara'.
Ma mentiro'. (p. 559)
Il riso e' piu' divino, e anche piu' inafferabile delle lacrime. (p. 575)
Lo splendore atterrante del cielo e' quello della morte stessa. La mia testa gira nel cielo. La testa non gira mai meglio che nella sua morte. (p. 601)
CHARLOTTE D'INGERVILLE (**)
Di fronte al silenzio immutabile, ero sempre lo stesso, ad avvertire la morte nell'ilarita' del vento. La morte? mi pareva che all'altezza di un movimento che mi devastava, solo la mia solitudine senza di me avrebbe risposto. (p. 647)
LA CASA BRUCIATA ( )
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