Altre inquisizioni by Jorge Luis Borges
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ALTRE INQUISIZIONI (****)
La musica, gli stati di felicità, la mitologia, i volti scolpiti dal tempo, certi crepuscoli e certi luoghi, vogliono dirci qualcosa, o qualcosa dissero che non avremmo dovuto perdere, o stanno per dire qualcosa; quest’imminenza di una rilevazione, che non si produce, è, forse, il fatto estetico. (14)
Forse la storia universale è la storia della diversa intonazione di alcune metafore. (18)
Perché ci inquieta il fatto che la mappa sia compresa nella mappa e le mille e una notte nel libro delle Mille e una notte? Perché ci inquieta che don Chisciotte sia lettore del Don Chisciotte, e Amleto spettatore dell’Amleto? Credo di aver trovato la causa: tali inversioni suggeriscono che se i personaggi di una finzione possono essere lettori e spettatori, noi, loro lettori e spettatori, possiamo essere fittizi. Nel 1833, Carlyle osservò che la storia universale è un infinito libro sacro che tutti gli uomini scrivono e leggono e cercano di capire, e nel quale sono scritti anch’essi. (59)
Queste ambiguità, ridondanze e deficienze ricordano quelle che il dottor Franz Kuhn attribuisce a un’enciclopedia cinese che si intitola Emporio celeste di conoscimenti benevoli. Nelle sue remote pagine è scritto che gli animali si dividono in a) appartenenti all’Imperatore, b) imbalsamati, c) ammaestrati, d) lattonzoli, e) sirene, f) favolosi, g) cani randagi, h) inclusi in questa classificazione, i) che si agitano come pazzi, j) innumerevoli, k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, l) eccetera, m) che hanno appena rotto il vaso, n) che da lontano sembrano mosche. (112-3)
Un libro, qualunque libro, è per noi un oggetto sacro; già Cervantes, che forse non ascoltava tutto quel che diceva la gente, leggeva perfino “le carte strappate nelle strade”. (119)
Che cos’é un’intelligenza infinita?, domanderà forse il lettore. Non c’é teologo che non la definisca; io preferisco un esempio. I passi che muove un uomo, dal giorno della sua nascita a quello della sua morte, disegnano nel tempo un’inconcepibile figura. L’Intelligenza Divina intuisce tale figura immediatamente, come quella degli uomini un triangolo. Quella figura (forse) ha la sua determinata funzione nell’economia dell’universo. (132)
Buber (Was ist der Mensch?, 1938) scrive che vivere è penetrare in una strana abitazione dello spirito, il cui pavimento è la scacchiera sulla quale giochiamo un gioco inevitabile e sconosciuto contro un avversario mutevole e a volte spaventoso. (173)
Anticipo fin d’ora questa conclusione: la vita è troppo misera per non essere anche immortale. Ma non abbiamo neppure la certezza della nostra miseria, giacché il tempo, facilmente confutabile sul piano sensitivo, non lo è altrettanto su quello intellettuale, dalla cui essenza pare inseparabile il concetto di successione. (191)
Il tempo è la sostanza di cui sono fatto. Il tempo è un fiume che mi trascina, ma io sono il fiume; è una tigre che mi sbrana, ma io sono la tigre; è un fuoco che mi divora, ma io sono il fuoco. Il mondo, disgraziatamente, è reale; io, disgraziatamente, sono Borges. (198)
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