L'artefice by Jorge Luis Borges
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L’ARTEFICE (****)
I rumori della piazza restano indietro, entro nella Biblioteca. In modo quasi fisico sento la gravitazione dei libri, l’ambito sereno d’un ordine, il tempo disseccato e conservato magicamente. (13)
Una delle mie insistenti preghiere a Dio e al mio angelo custode era quello di non sognare specchi. So che li sorvegliavo con inquietudine. Temetti, a volte, che cominciassero a divergere dalla realtà; altre, di vedere sfigurato in essi il mio volto da strane avversità. (21)
Il giorno, fedele a vaste leggi segrete, va movendo e confondendo le ombre nel povero recinto… (39)
Lento nella mia notte, la penombra
vana tento con la canna indecisa,
io che mi figuravo il Paradiso
sotto la specie d’una biblioteca. (60)
Dio ha creato le notti che si colmano
di sogni e le figure dello specchio
affinché, l’uomo senta che è riflesso
e vanità. Per questo ci spaventano. (68)
Ariosto m’insegnò che nell’incerta
luna albergano i sogni, l’imprendibile,
il tempo che si perde, l’impossibile
o il possibile, ch’é la stessa cosa. (74)
Guardare il fiume ch’é di tempo e acqua
e ricordare che anche il tempo è un fiume,
saper che ci perdiamo come il fiume
e che passano i volti come l’acqua. (102)
Limiti
Tra i libri della mia biblioteca (ecco, li guardo)
ce n’é qualcuno che non aprirò più. (106)
Epilogo
Un uomo si propone il compito di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni, popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, d’isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire, scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l’immagine del suo volto. (110)
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