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Wednesday, March 9, 2016

Review: I racconti di guerra

I racconti di guerra I racconti di guerra by Mario Rigoni Stern
My rating: 5 of 5 stars

Rigoni Stern è, di suo, in possesso di un’altra cultura non libresca ma che trae sapienza dall’ambiente naturale che lo circonda. Non c’è pianta, non c’è foglia, non c’è fiore, non c’è insetto, non c’è animale, non c’è sasso dell’Altipiano di cui non sappia raccontarci, con la vivacità e la suspense di una favola, vita morte miracoli. (Introduzione di Folco Portinari, XVI)

Era una mattina come questa, molto fredda, e con la brina che ogni giorno ingrossa i rami dei larici e degli abeti così da farli apparire come dei fantastici alberi di Natale. (35)

Alle sei di quella mattina le nostre striminzite colonne si misero in cammino contro la Grecia. Pioveva a dirotto, gli scarponi sprofondavano nel fango, gli automezzi e i muli proseguivano con grande fatica. E questo mentre a Firenze Mussolini e Ciano a colloquio con Hitler attendevano notizie di esaltante avanzata. (163)

Quando venne sera accendemmo i lumi a nafta e il treno penetrò nella notte del Nord passando foreste d’abeti curvati dalla neve per lande battute dal libero vento, sfiorando villaggi addormentati, portanto nel suo ventre uomini giovani e stranieri che andavano alla guerra. (228)

Il sole rinchiuso nel Picolit aveva sciolto ogni inverno; così, invece di ricordare le canzoni della naia gli recitai alcuni versi di Giacomo Noventa: “Un fià de vin bevùo tra amici, / Un fià de vin, / E ancora un fià de vin, amici, / No’ xè miga massa”. (237)

Ancora un passo. Non fatemi inciampare nei corpi di pietra dei compagni: fatemi arrivare in un luogo senza più guerre. (300)

… e in quel momento mi accorsi che le betulle nel bosco lì davanti al mio sguardo aprivano i rami primaverili a un tenerissimo verde senza l’ordine di nessuno. (472)

Il Lager avrebbe dovuto restare dietro le spalle, lontano; in una landa della Polonia. …
Camminavo da centinaia di chilometri e attorno restavano sempre queste cose: mi attorniavano come un abito. Reali, non di impressioni o di aria, e non riuscivo a liberarmene. …
La neve di queste ultime montagne, che avrebbero dovuto essere le mie, era ancora neve di steppa. (542)





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