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Saturday, June 25, 2016

Review: Fiasco

Fiasco Fiasco by Imre Kertész
My rating: 5 of 5 stars

L’immagine in copertina dell’edizione Feltrinelli rende molto bene l’idea del libro: c’e’ un uomo (ma non dietro la rete, quindi imprigionato), ma compreso nella trama della rete: ne fa parte comune… ed allora, puo’ uscirne? (... e poi?)

Alcuni brani (in disordine e per senso o significato):

Procuro di infilarmi sempre meglio sotto queste rovine, perche’ mi ricoprano completamente - che altro potrei fare? (273)

Per un certo tempo - prima che si decida a intraprendere la strada che lo portera’ verso il basso -, come per riposare, si ritira nel suo fallimento, come un’aquila malata nel suo nido, con un’ala rotta ma lo sguardo ancora acuto per scrutare, in cerca di una preda, il campo devastato delle verita’ e delle autogiustificazioni. (281)

Sisifo - dice il racconto - dobbiamo immaginarcelo felice. Certo. Ma anche lui e’ minacciato dalla misericordia. Sisifo - e l’Arbeitsdienst - sono eterni, e’ vero; ma la roccia non e’ immortale. Attraverso un cammino aspro, in tanti ruzzolamenti, prima o poi si consuma, e Sisifo un bel giorno si scopre a fischiettare distratto e a scalciare davanti a se’, nella polvere, niente piu’ che una pietruzza grigia. (282) (A questo, Camus non ci aveva pensato!)

“E rifletto su quando sarebbero iniziati questi fastidi. Non so perche’, ma sembra che abbia un effetto tranquillizzante sull’uomo il fatto di conoscere il principio, un punto di appoggio qualsiasi, anche ingannevole, nel tempo, che da quel momento si puo’ chiamare motivo. Se ci sembra di averne trovato la causa, ogni problema ci appare logico. (28)

Si’, ormai sono ridotto a questo, se cosi’ vi pare, sono caduto cosi’ in basso che mi accontenterei di qualsiasi cosa, della congiunzione astrale al momento della mia nascita, del codice decisivo del mio DNA, del segreto che a sua volta nasconde segreti, del mio gruppo sanguigno; di qualsiasi cosa, davvero, a cui potrei accennare di si’ con il capo oppure, in mancanza di meglio, rassegnarmi, almeno… (72-3) (ricorda Jim Morrison)

Da quando era arrivato da quelle parti, Koves aveva sempre dei problemi con la misura del tempo, finche’ ci viveva dentro gli sembrava infinito, ma se ci pensava come a un tempo passato gli pareva nulla, per il suo contenuto sarebbe bastata una sola ora, certamente - gli passava adesso per la testa - per un’altra, una piu’ reale, diremmo piu’ densa vita sarebbe bastata una sola ora crepuscolare e oziosa, come prima di cena, quando non si ha niente di meglio da fare e comunque fa lo stesso, e infine - passo’ di sfuggita per la mente a Koves - forse un’intera generazione sarebbe vissuta ripensando alla propria vita come qualcosa che avrebbe potuto sistemare anche in una sola ora, mentre il resto non sarebbe stato che un’inutile perdita di tempo, circostanze difficili, conflitti - e perche’ mai? (196)

Perche’ - Signore e Signori! - noi qui, nel mondo, ci siamo disperatamente fatti rinchiudere tra di noi, nella miserabile solidarieta’ cameratesca; tutto cio’ che succede ha tanta importanza che noi non possiamo piu’ farlo dileguare, annullarlo, negarlo davanti agli altri. Dobbiamo assumerci la responsabilita’ di noi stessi e delle nostre storie - e neanche nel caso piu’ estremo ci rimane altro da fare che riflettere su come possiamo, nella data situazione, cavarcela, con il minor danno possibile per quanto abbiamo commesso. (242) (anche Dostoevskij)



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